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Ottobre/2007 - Articoli e Inchieste
Br
"Guido che sfidò le Brigate rosse" - 2 parte
di

Genova - Ingressi Italsider
est. giorno
Ingresso dell’Italsider, al primo turno la mattina presto. Gli striscioni rossi delle Br sono stati di nuovo piazzati contro i muri. Rossa, il Segretario della sezione e i soliti compagni (vedi scena 1) stanno rapidamente riavvolgendo gli striscioni sotto gli occhi (a volte anche po’ ironici) dei numerosi operai che si accalcano ai cancelli.
Rossa coglie una battuta di un operaio che si è avvicinato (dalla tasca della giacca gli spunta una copia de Il manifesto).
Operaio con Il manifesto (dopo aver letto lo slogan che campeggia su uno striscione): “Deliranti! Ma in fondo sono compagni che sbagliano...”
Guido Rossa (smettendo di avvolgere): “Guarda che non sono compagni per niente... Mi vuoi dire che cosa hanno in comune con noi? In che cosa ci somigliamo?”
L’operaio con Il manifesto non s’aspettava la reazione decisa di Guido. E’ intimidito, anche perché altri operai gli si sono fermati intorno.
Operaio con Il manifesto: “Beh, insomma...”
Guido Rossa (rivolto ad un altro giovane operaio): “Quando uccidono ti senti somigliante a loro?”
Operaio con Il manifesto: “Per niente!”
Guido Rossa (ricominciando ad avvolgere): “E allora se non ci somigliano, se non sono compagni, non sbagliano. Se sbagliassero uscirebbero da un percorso comune, sbaglierebbero strada. Ma loro non stanno sulla nostra strada... E datevi una mossa, ci volete aiutare!?”
Sullo sfondo, insieme ad altri sindacalisti, sopraggiunge correndo il Sindacalista.
Sindacalista (da lontano): “Guido! Guido!”
Guido Rossa (voltandosi): “Che c’è!?”
Il Sindacalista e altri compagni arrivano trafelati, eccitati, davanti agli ingressi dell’Italsider.
Sindacalista (rivolto a Guido e a tutti): “Compagni, è inutile entrare! C’è sciopero generale! Le Brigate rosse hanno assassinato Aldo Moro!”
Inserto subliminale n. 8 - In via Caetani a Roma la Polizia apre la Renault rossa. Si intravede il cadavere di Moro (repertorio). (Bianco e nero).
Dissolvenza al nero.

Bar all’aperto - est. giorno
Berardi è seduto insieme al Professore, Valentino e Roberto ai tavoli della trattoria.
Francesco Berardi: “La bicicletta ce l’ho perché, dopo un infarto, non posso lavorare come prima e quindi vado da un reparto all’altro a portare bolle di carico e altre scartoffie”.
Si ferma un attimo a guardarli.
Roberto: “Quindi in fabbrica puoi girare dove ti pare?”
Francesco Berardi: “Tranquillamente”.
Professore: “Perfetto”:
Francesco Berardi (amaro): “Sì, perfetto... sono considerato un rottame”.
Roberto (solidale): “Mi dispiace”.
Francesco Berardi: “Vabbè, che devo fare di preciso?”
Roberto: “A tempo debito. Per ora cerca di ficcare in testa ai tuoi compagni che se non ci danno una mano perdono anche loro insieme a noi”.
Professore: “A sinistra del Partito Comunista si sta solo col fucile in spalla...”
Segue un momento di silenzio. Interrotto all’improvviso da Berardi che sbotta:
Francesco Berardi: “E datemi questo belin di mitra!”

Italsider - viali interni - est. giorno
Berardi, procedendo in bicicletta, raggiunge una macchinetta del caffé e vi deposita, sopra e intorno, alcuni opuscoli delle Brigate rosse.
Mentre Berardi si allontana, sopraggiungono il terzo e il quinto operaio. Il terzo operaio raccoglie un opuscolo: la stella a cinque punte delle Br campeggia sulla copertina.
Terzo operaio (leggermente sorpreso, legge ad alta voce): “Rivoluzione della Direzione Strategica!”
Stacco.
Il terzo operaio, accompagnato dal quinto operaio, consegna a Rossa l’opuscolo.
Terzo operaio: “Stava vicino alla macchinetta del caffé...”
Guido Rossa: “Chi può averlo messo lì?”
Quinto operaio: “Non ne abbiamo la minima idea...”
Guido Rossa (avviandosi): “Andiamo ad avvertire gli altri delegati per discuterne immediatamente!”
Fatti pochi passi, sul davanzale di una finestra Rossa vede e raccoglie un altro opuscolo (identico al primo). Alza gli occhi e scorge poco lontano Berardi in bicicletta che, pedalando, si volta. Scambio di sguardi. Berardi ha un vistoso rigonfiamento sotto la camicia. Si allontana.
Terzo operaio: “Sarà mica stato lui?”
Guido Rossa: “Avete notato che ha qualcosa sotto la camicia?”

Italsider - Reparto rottamazione
est. giorno
Nel reparto ha luogo un’improvvisata riunione del Consiglio di fabbrica. Gli opuscoli girano di mano in mano. Si discute sul da farsi.
Primo operaio (sventola l’opuscolo): “Qui c’è la stella a cinque punte che entra in fabbrica... E’ un’intrusione forte di chi ha assassinato Aldo Moro! Ha ragione Guido, lo dobbiamo denunciare ai Carabinieri!”
Secondo operaio: “Ma guarda che anche Berardi è un compagno...!”
Terzo operaio: “E che vuol dire? Tramite lui le Br sono entrate in casa nostra! Non possiamo accettarlo!”
Sesto operaio: “Ma siamo sicuri che sia stato lui a portare i volantini in fabbrica?”
Primo operaio: “L’ha visto Guido, l’ha beccato proprio mentre li metteva!”
Guido Rossa: “Veramente non l’ho visto metterli. Era vicino quando ne ho trovato uno, e aveva un rigonfiamento sotto la camicia...”
Secondo operaio: “Però lo stiamo processando senza prove...”
Guido Rossa: “Va bene, è giusto: andiamo a cercarlo e vediamo cos’ha sotto la camicia”.
Da più parti l’idea viene accolta favorevolmente.
Guido Rossa: “Io e Giovanni andiamo ai laminatoi... voi due al parco rottami e voi tre alla cokeria... Chi lo trova lo porta negli uffici della vigilanza...”
Primo operaio: “Io intanto avverto il sindacato...”

Italsider - Reparto antistante
la fusione - est. giorno
Un operaio s’imbatte in Rossa e nel primo operaio.
Guido Rossa: “Hai visto Berardi?”
Operaio fiancheggiatore: “No, perché?”
Primo operaio: “Pare che stia lasciando qua e là opuscoli delle Br...”
Operaio fiancheggiatore: “Ma non è possibile! Non può essere stato lui!”

Italsider - Reparto detriti carbone
est. giorno
L’operaio qualunque intravede Berardi in bicicletta e lo chiama.
Operaio fiancheggiatore: “Francesco! Francesco!”
Francesco Berardi (avvicinandosi in bicicletta): “Che c’è?”
Operaio fiancheggiatore: “Attento che ti stanno cercando per gli opuscoli Br. Meglio che sparisci per un po’...”
Francesco Berardi: “Sai che me ne frega!”

Italsider - Uscita - est. giorno
Berardi si avvicina all’uscita ma due vigilanti in divisa lo fermano.
Primo agente vigilante: “Ah, Berardi, proprio te cerchiamo. Fermati!”
Francesco Berardi (fermandosi): “Che volete?”
Un vigilante sfila un opuscolo Br dalla camicia di Berardi.
Secondo agente vigilante: “Allora sei tu che vai in giro a distribuirli!”
Francesco Berardi: “E allora?”
Agente vigilante: “E allora sono cazzi tuoi, perché adesso ti becchi una bella denuncia per diffusione di materiale sovversivo!”

Italsider - Ufficio vigilanza
int. giorno
Rossa e gli altri cinque sono nell’ufficio del capitano Bonino, responsabile della vigilanza, ex carabiniere. Bonino ha in mano gli opuscoli con la stella a cinque punte.
Capitano Bonino: “...no no, io che c’entro? Io non faccio nessuna denuncia. La dovete fare voi e non a me, ma ai Carabinieri...”
Terzo operaio: “Lei è il primo vigilante della fabbrica...”
Capitano Bonino: “Ho capito, ma come comandante so io valutare e decidere al meglio...”
Nella stanza antistante l’ufficio di Bonino, sorvegliato da un vigilante, si trova Berardi che, dalla porta lasciata aperta, può seguire tutta la scena.
In quel momento arriva il Sindacalista che coglie al volo la situazione.
Capitano Bonino (visto dal Sindacalista): “Voi l’avete scoperto e voi dovete sporgere denuncia (restituisce gli opuscoli a Rossa). Allora, la volete fare?”
Guido Rossa: “Siamo qui per questo”.
Il Sindacalista balza nell’ufficio di Bonino e chiude in fretta la porta comunicante con la stanza dove si trova Berardi.
Sindacalista: “Ma capitano, si rende conto che facendo vedere qui Rossa e gli altri a Berardi, li espone al pericolo di ritorsioni?”
Il capitano fa finta di non aver sentito e finisce di comporre un numero di telefono.
Capitano Bonino: “Comando Carabinieri? Sono Bonino dell’Italsider. Posso parlare col tenente? ...Signor tenente, sono Bonino. Dovrebbe mandare una pattuglia in fabbrica per una denuncia antiterrorista... ”
Stacco.
Nell’ufficio di Bonino ora c’è un tenente dei Carabinieri con Guido Rossa e altri operai.
Entra un appuntato con dei fogli in mano. Li porge al tenente.
Appuntato: “Tenente, la denuncia è pronta”.
Tenente Carabinieri: “Bene, chi la firma per primo?”
Gli operai guardano il tenente perplessi.
Tenente Carabinieri: “Nome, cognome e documenti alla mano. Forza”:
Quarto operaio: “Non sarebbe meglio mettere delle sigle?”
Guido lo guarda perplesso.
Tenente Carabinieri: “No, guardate... O firmate uno per uno o ritirate la denuncia”.
Terzo operaio: “Tenente, con le Br non si scherza. Possiamo avere delle ritorsioni. E se mettessimo un collettivo, per esempio il Consiglio di fabbrica dell’Italsider?”
Tenente Carabinieri: “Non è possibile, ci devono essere dei testimoni identificati con nome e cognome, delle persone fisiche. Altrimenti la denuncia non ha valore legale... chi è di voi che ha trovato materialmente gli opuscoli?”
Guido Rossa: “Io... noi...”
Tenente Carabinieri: “Bene”.
E lo invita, con un gesto, a firmare. Guido esita un attimo.
Tenente Carabinieri: “Voi altri?”
Terzo operaio (a Guido): “Io non me la sento di firmare, mi dispiace...”
Quarto operaio: “Guido, forse è meglio lasciar peerdere...”
Altri due operai si dileguano.
Terzo operaio: “Lasciamo stare... secondo me non è il caso...”
Guido è indignato. Si avvicina alla scrivania dove c’è il verbale da firmare.
Guido Rossa: “Invece è proprio il caso!”
Anche gli ultimi operai rimasti se ne vanno. Guido prende la penna e firma con decisione. Poi, rivolto più a sé stesso che agli unici rimasti (il tenente e l’appuntato):
Guido Rossa: “Quando le cose si devono fare, si fanno...”

Genova - Ufficio Tribunale penale
int. notte
Berardi, sorvegliato a vista da due carabinieri, è seduto davanti al tavolo di un giudice inquirente.
Giudice inquirente: “Allora ammette di aver messo lei i volantini...”
Francesco Berardi: “Sì, li ho messi io...”
Giudice inquirente: “Quindi lei fa parte delle Brigate rosse...”
Francesco Berardi: “No, no, aspetti... Io ho solo dei contatti...”
Il giudice gli mostra un pacco di volantini che rivendicano l’assassinio di Pietro Coggiola, dirigente della Lancia di Torino.
Giudice inquirente: “Questi li abbiamo trovati a casa sua... Rivendicano l’omicidio di Pietro Coggiola, il dirigente della Lancia ucciso a Torino...”
Francesco Berardi: “Sì ma che vuol dire? Io ho solo dei contatti, glielo ripeto... Non sono un brigatista!”
Giudice inquirente: “E questi numeri di targa di alcuni dirigenti dell’Italsider, sempre trovati a casa sua, che significato avevano?”
Una pausa. Berardi sospira:
Giudice inquirente: “Glielo dico io: potevano servire ai suoi amici brigatisti per organizzare attentati o rapimenti...”

Genova - Covo delle Brigate rosse
int. giorno
Il Professore sta parlando con Roberto, Lucio, Nora , Valentino, Lorenzo e altri tre brigatisti, tra cui una donna, Anna Maria Ludman (Cecilia).
Lucio: “Quando è successo?”
Professore: “Ieri. Me l’ha detto l’avvocato, la voce è filtrata a Palazzo di Giustizia. Pare si sia fatto beccare mentre diffondeva il nostro materiale...”
Cecilia esce dalla stanza:
Roberto: “Complimenti per il contatto, Professore!”
Rientra Cecilia sostenendo sotto il braccio una grossa borsa di pelle.
Cecilia: “E’ arrivato il Vecchio”.
Tutti guardano la porta rimasta aperta, e infatti appare il Vecchio, che prima di prendere posto e sedersi porta già notizie fresche.
Il Vecchio: “Ho altre informazioni su Berardi: è stato arrestato su denuncia dei suoi compagni”.
I brigatisti si guardano.
Nora: “La segretezza della colonna genovese è messa in pericolo!”
Lucio: “Dobbiamo prendere un decisione al più presto...”
Roberto: “Parliamo e prendiamola subito”.
Il Vecchio: “No, proprio per la gravità del fatto ogni colonna dovrà discuterne al suo interno. Adesso vieni di là con me. Anche voi due...” (indica Nora e Cecilia).
I quattro vanno in un’altra stanza. Il Vecchio, con fare misterioso, estrae dalla borsa di pelle avuta da Cecilia delle grosse buste a sacco rinforzate da nastri di plastica.
Il Vecchio: “Questo è il materiale di cui vi parlavo. Lo terrete nascosto a casa sua (indica Cecilia) in via Fracchia. Tu, Roberto, ti trasferirai là da stasera”.
Cecilia: “So già dove farli sparire...”
C’è una pausa e uno scambio di sguardi. Poi il Vecchio si rivolge a Roberto guardandolo dritto negli occhi.
Il Vecchio: “Ieri abbiamo deciso di trasferire Lucio. Ti comunico che prenderai il suo posto a capo della colonna genovese...”
Roberto: “Mi dai una gran bella notizia!... Sono pronto...”
Il Vecchio gli mette una mano sulla spalla. Dura lo abbraccia.

Corridoi e aula penale del Tribunale di Genova - int. giorno
Rossa cammina disorientato in un corridoio del Tribunale pieno del solito pubblico giudiziario (avvocati, uscieri, galoppini, testimoni, imputati, curiosi, un giudice, due carabinieri, ecc.). Davanti all’ingresso di un’aula c’è un usciere che consultando una lista snocciola con voce stentorea un cognome dopo l’altro.
Usciere Tribunale: “Cavallini Mario! Comporti Giuseppe! Cereda Paolo!”
Guido Rossa (all’usciere): “Si tiene qui il processo per direttissima a Berardi?”
Usciere Tribunale: “Il postino delle Br?”
Guido Rossa: “Sì...”
Usciere Tribunale (indicando): “Aula tre!” (Riprende a chiamare altri cognomi).
Dopo un attimo di esitazione Rossa entra nell’aula tre. Ci sono Occhi (terzo operaio) e Bartolini (primo operaio) che gli stringono la mano. Si volta: Berardi entra ammanettato. Tra i flash di due fotografi, il “postino” solleva le braccia e con orgoglio esibito fa il segno del pugno chiuso con la sinistra.
L’avvocato Arnaldi, in toga, è al tavolo dei difensori. Berardi vede Rossa e fa uno speciale segno con le mani verso di lui (una cornice), come a volerlo segnalare a qualcuno.
Terzo operaio (a Rossa): “Ci siamo solo noi due...”
Guido si volta a guardare indietro. L’aula è semivuota.
Primo operaio: “Ma tu sei l’unico che è stato ammesso come testimone...”
Guido Rossa: “Va bene così...”
Stacco.
Pubblico ministero: “Signor Guido Rossa, come unico teste a carico, conferma l’accusa da lei formulata nella denuncia?”
Un momento di silenzio e di tensione (tutti gli sguardi sono rivolti su Rossa), poi:
Guido Rossa: “Lo confermo”.
Stacco.
L’avvocato Arnaldi sta parlando.
Avvocato Arnaldi: “Poiché finora nulla è stato fatto da Polizia e magistratura nella individuazione dei covi brigatisti e dei responsabili dei ferimenti e degli omicidi, mi appello a questo Tribunale affinché le frustrazioni degli inquirenti non si scarichino su Francesco Berardi, che in fondo nulla ha fatto di veramente grave...”
Stacco.
Presidente Tribunale: “Il Tribunale di Genova, Sezione II penale, visti gli articoli 533-535 C.p.p., dichiara Berardi Francesco colpevole del reato a lui ascritto e lo condanna alla pena di anni quattro mesi sei di reclusione”.
Dal pubblico si leva un leggero mormorio, un po’ di sorpresa, un po’ di consenso. L’avvocato Arnaldi, guardando l’imputato, apre le braccia in un gesto d’impotenza. I carabinieri portano via Berardi mentre questi rivolge uno sguardo di odio verso Rossa.

Entrata Italsider - stanzino ufficio
Rsu e corridoio antistante
est. giorno

Esterno fabbrica. Guido entra in fabbrica insieme ad altri operai.
Stacco su:
Guido percorre un corridoio. Arriva al suo piccolo ufficio dove lo attende un gruppo di operai dall’aria preoccupata. Hanno in mano dei fogli ciclostilati con la stella delle Br.
Primo operaio: “Guido, li ho trovati per terra davanti ai cancelli!”
Guido ne prende uno, e legge il titolo ad alta voce:
Guido Rossa: “Diario di lotta nelle fabbriche genovesi Ansaldo e Italsider...”
Primo operaio: “Leggi qua: dicono che lo scontro con i riformisti berlingueriani passerà ‘dal piano politico al piano militare’...”
C’è un momento di pesante silenzio.
Inserto subliminale n. 9 - Ripetizione dell’azione del commando brigatista che gambizza Castellano. (Bianco e nero).
Guido Rossa: “Beh, non è che sia una sorpresa...”
Squilla il telefono. Risponde il più vicino all’apparecchio. Impallidisce.
Guido Rossa: “Che c’è?”
Il primo operaio, preoccupato, abbassa la cornetta:
Primo operaio: “Erano loro!”
Guido Rossa: “Come, ‘loro’?”
Primo operaio: “Hanno detto: ‘Ve la feramo pagare!’, poi hanno riabbassato...”
Secondo operaio: “Io sono preoccupato. Secondo me dovresti lasciare Genova per un po’, almeno finché non si calmano le acque...”
Guido Rossa: “Secondo voi al primo squillo dovrei scappar via... No, non se ne parla”.
Il telefono prende a suonare di nuovo. Nessuno si muove.
Guido Rossa (al più vicino al telefono): “E rispondi, Cristo!”
Stacco.
Genova - Ingresso Italsider
est. sera
Guido esce con la sua 850 dai cancelli dell’Italsider, guarda alla sua sinistra, fa una smorfia di sorpresa e ferma l’auto.
Su un muro qualcuno ha scritto: “Rossa spia”. Guido, sempre più cupo, sta per rimettere in moto la macchina, quando il Sindacalista lo chiama.
Sindacalista: “Guido! Guido!”
Il Sindacalista si avvicina a passi rapidi e Guido esce dall’auto.
Sindacalista: “Non ti preoccupare, la faccio cancellare subito!”
Guido Rossa (sempre scuro in volto): Ah, grazie...” (fa per risalire).
Sindacalista: “Non ti devi incazzare per una scritta merdosa...”
Guido Rossa (risalendo): “Se m’incazzo è perché dà ad intendere che tra me e le Br ci sia qualcosa in comune...” (ingrana la marcia e parte).
Sindacalista (alzando la voce): “Guido, ti voglio bene!”

Covo brigatista di via Fracchia
int. notte
In una stanza ci sono il Vecchio e Nora. Qualcuno bussa alla porta dell’appartamento: un colpo forte, due deboli e altri più veloci.
Nora: “Sono loro”.
Va ad aprire: sono Roberto, Cecilia, Valentino, il Professore e altri due brigatisti, Vincenzo Gagliardo (Pippo) e Lorenzo Carpi (Elio).
Il Vecchio (stringe loro le mani): “Benvenuti. Andiamo di là”.
Taglio su:
Il gruppo è seduto a un tavolo in soggiorno.
Il Vecchio: “Alla direzione strategica aspettano il vostro parere su Guido Rossa”.
Roberto: “Io propongo una rappresaglia armata contro il sindacato”.
Valentino: “Però l’unico a firmare la denuncia e a testimoniare è stato Rossa...”
Roberto (fa spallucce): “Appunto! E’ un sindacalista...”
Pippo: “Azzoppiamolo: arriviamo al sodo senza complicazioni inutili”.
Il Vecchio: “Tu Nora hai scoperto qualcosa...”
Nora: “Sì. Sembra incredibile ma Rossa abita a pochi metri da qui”.
Roberto: “Quando si dice il destino...”
Cecilia: “Non scherziamo. C’è il rischio di minare la sicurezza della base”.
Elio: “Che poi è anche casa tua...”
Nora: “Non è questo il punto...”
Il Vecchio: “Certo non reagire a una sfida come questa di Rossa potrebbe essere interpretato come un cedimento, l’indizio di una crisi...”
Il Professore: “Potremmo sequestrarlo. Gli mettiamo al collo un cartello con scritto spia e lo leghiamo ai cancelli dell’Italsider. E’ un segnale forte e non cruento”.
Valentino (cinico): “Forte?”
C’è qualche istante di silenzio, rotto da Roberto.
Roberto: “Secondo me va eliminato. Giustiziato. Come tutte le spie...”
Un Pp del Vecchio.

Casa di Guido Rossa - Ingresso
e saloncino - int. notte

Guido rientra a casa e immediatamente la moglie e la figlia gli vengono incontro preoccupate. C’è anche Rita, l’amica di famiglia. Si guardano, Guido capisce che è successo qualcosa.
Silvia Rossa: “Oggi hanno telefonato tre volte! Alzo il telefono, e niente, silenzio, solo il respiro di non si sa chi!”
Rita: “Devi far mettere l’apparecchio sotto controllo...”
Guido Rossa: “Su, adesso calmatevi. Il telefono verrà messo sotto controllo, torno adesso dalla questura. Mi daranno anche una pistola e il porto d’armi. Io non ho paura e non dovete averne neanche voi!”
Silvia Rossa: “Ma come si fa a non avere paura! Non è possibile che ci si riduca così! Ma in che Paese viviamo...! E ora anche la pistola!”
Guido Rossa: “Silvia, la cosa peggiore che possiamo fare è perdere la testa!”
Guido si alza deciso, prende la moglie per le spalle, la guarda negli occhi.
Guido Rossa: “Noi siamo i più forti, Silvia! Perché abbiamo ragione!”
Silvia Rossa: “Ma sei un bersaglio, ti rendi conto? Che te ne fai della ragione!”
Guido Rossa: “Mi difenderò...”
Rita: “Meglio che domattina non vai in fabbrica col bus, se lo aspetti sul bordo della strada sei troppo esposto...”
Guido Rossa: “Oggi sono andato con la 850. Starò attento... Su, calmatevi... ma c’è qualcosa da mangiare, una minestra?”
Silvia Rossa: “Ho preparato le patate... poi sono cominciate le telefonate e non ho fatto più niente...”
Guido Rossa: “Sabina, me le porti con un po’ di pane?”
Sabina va in cucina e poco dopo ritorna con un piatto pieno di patate lesse.
Silvia Rossa (ancora angosciata): “Era proprio necessario esporsi fino a questo punto? Sei stato l’unico...”
Guido Rossa: “Io non sono solo un operaio... Sono un sindacalista, anche se piccolo piccolo, e il mio dovere è difendere lo Stato di diritto, le regole. In momenti come questi, dove la democrazia è a rischio, ognuno deve prendersi le proprie responsabilità. Ed io mi sono assunto le mie... Quando le cose si devono fare, si fanno”.
Nel frattempo Sabina è tornata col piatto ricolmo.
Genova - Covo brigatista
int. giorno
La colonna genovese al completo sta tenendo una riunione presieduta da Dura. Unico assente il Vecchio.
Roberto: “Le colonne hanno discusso e il comitato esecutivo ha raccolto i pareri: tutte le colonne si sono espresse per colpire fisicamente Guido Rossa”.
Cecilia: “Chi eseguirà l’azione?”
Roberto: “Io, Elio e Pippo (primi piani di Elio e Pippo). Io sarò il capo del commando”.
Pippo: “Prima di stabilire i dettagli del piano propongo di studiare meglio i suoi movimenti”.
Roberto: “Approvato”.
Nora si alza e gli fa un cenno di seguirlo nell’altra camera. I due ora sono soli.
Nora: “Hai parlato col Vecchio?”
Roberto: “Sì”.
Nora: “E allora?”
Roberto: “Lascia a me la decisione. Ucciderlo o gambizzarlo”.
C’è qualche istante di silenzio. Roberto si gira verso la finestra, pensieroso. Nora gli si avvicina. Lo abbraccia da dietro. Sta qualche istante così, poi:
Nora: “Stasera in che stanza ti metti? Dormirai con lei?”
Roberto: “Dai, smettila”.
Nora: “Se mi tradisci con lei questa volta uso le armi!”
Roberto si gira. Carla lo anticipa baciandolo con slancio sulla bocca. Si staccano. Un’altra pausa, poi:
Roberto: “Mi ha anche detto che ci manderà tutti e due a Parigi”.
Nora: “Già lo sapevo: Come so il telefono segreto del centro...”
La guarda. In quel momento: un rumore di auto proveniente dalla strada. Roberto corre alla finestra (che ha le serrande semiabbassate): attraverso la feritoia si intravede Guido Rossa che esce dall’auto appena posteggiata passando davanti alla finestra. Anche Nora lo vede.
Guido esce di campo.
Roberto (come tra sé): “Va dalla famiglia...”

Italsider - Mensa aziendale
int. giorno
Riunione al completo del Consiglio di fabbrica.
Primo operaio: “...dobbiamo insistere perché Guido abbia una scorta ufficiale, che lo protegga tutto il giorno!”
Secondo operaio: “Purtroppo la Polizia non lo considera a rischio...”
Sesto operaio (a Guido): “Ma santoddio! E il tuo partito che fa? Quando capirà che sei un obbiettivo, che devono darti protezione? O al limite mandarti in un altro posto?”
Guido Rossa: “Ma lo capite o no, che se abbandono mandiamo un segnale di resa?! E poi non darmi questa specie di preavviso, ‘attento che ti sparano’... è inaccettabile, suona come un’intimidazione!”
Secondo operaio: “Come fai a non avere paura? Almeno fatti dare un orario flessibile. Entri ed esci quando ti pare e li disorienti...”
Guido Rossa: “Non serve. Già non uso più l’autobus e con l’auto cambio percorso ogni giorno. Ho anche la pistola. Se necessario mi difenderò (una pausa). Grazie a tutti”.
Gli operai si guardano perplessi.
Primo operaio: “Se è questo che vuoi...”
Mormorio. Gli operai cominciano ad avviarsi verso l’uscita.
Franco Piana: “Secondo me la stiamo prendendo sottogamba. Quelli sono delle carogne...”
Guido Rossa: “Sai che ti dico? Mi spareranno alle gambe, va fa’n culo! Già l’ho messo in conto”.
Franco Piana: “Guido, non ci servono martiri...”
Guido Rossa: “Quando sei su una parete difficile... che fai, torni indietro?”
Guido rimane seduto da solo in un momento di riflessione.

Genova - Via Fracchia
e via Ischia
est. notte
Rossa esce di casa, getta via nel cassone un sacchetto di spazzatura, e si dirige verso la sua auto che è posteggiata col posto di guida aderente al muro. Supera il furgone. Arriva alla 850. Sta per infilare le chiavi nella serratura, quando sente il rumore di una portiera che si apre. Si volta.
Pippo esce dal furgone armato di una Beretta col silenziatore. Guido apre la porta, ma prima di infilarsi nell’auto viene colpito alla coscia da un colpo di pistola. Rapido Guido si infila nell’auto e riesce a chiudere la portiera. Dettaglio del nottolino della portiera che Rossa riesce a chiudere.
Dietro Pippo si profilano Roberto ed Elio. Pippo è giunto all’altezza del finestrino dell’auto. Infrange il vetro col calcio della pistola e spara tre colpi alle gambe di Rossa che le agita con la schiena appoggiata al sedile.
Roberto, con in pugno la Walter Parabellum calibro 9, dà uno spintone a Pippo e introduce l’arma nell’auto. Rossa, continua a muovere le gambe. Roberto, implacabile, gli spara al petto.
Ora tutti e tre i brigatisti fuggono a piedi per la scesa fatta a grandi scaloni.
Rossa, esamine, ha la testa reclinata sul volante dell’850.

Via Fracchia - est. giorno
Arrivano due spazzini che notano i vetri sparsi sul selciato. Poi si accorgono del corpo di Guido.
Spazzino 1: “E questo chi è?!”
Passante: “Chiamiamo il 113!”
Vicina di casa (affacciandosi a una finestra): “Che succede?”
Spazzino: “Qui c’è un ferito! O forse è morto! Chiami subito l’ospedale!”

Via Ischia e via Fracchia - est. alba
Silvia corre, corre disperata, accompagnata dalla vicina di casa che abbiamo già visto, fino ad arrivare all’auto, davanti alla quale si è formato un capannello.
Silvia Rossa (fra sé): “Fa che sia vivo, fa che non sia morto...!”
Silvia scosta le persone.
Silvia Rossa: “Fatemi passare...!”
Finalmente vede il cadavere del marito riverso nell’auto, imbrattato di sangue.
Silvia Rossa: “Oh no, Guido!”
Qualcuno la ferma.
Passante: “Signora, non tocchi nulla, sta per arrivare la Polizia...”

Palazzo dei giornali - int. giorno
Squilla il telefono. Un commesso alza il microfono.
Commesso: “Pronto?”
Voce brigatista: “Brigate rosse! Questa mattina, alle sei e quaranta, abbiamo sparato a Guido Rossa, spia dell’Italsider. Seguirà un comunicato”.
La comunicazione viene interrotta bruscamente.
Commesso: “Pronto?!”

Repertorio e ricostruzioni in varie località - est. giorno

In tutti i luoghi di lavoro, all’Ansaldo, all’Italsider, nelle altre fabbriche, al porto, nei cantieri edili, si formano i primi cortei di protesta, con le bandiere rosse abbrunate, che cominciano ad avanzare in silenzio.
Repertorio ed eventuali ricostruzioni - est. giorno
Il silenzio dei cortei è rotto ogni tanto dall’altoparlante dell’auto della Lega dei Siderurgici che trasmette di continuo il seguente messaggio:
Altoparlante auto Lega: “Questa mattina vigliacchi assassini, fascisti delle Brigate rosse, hanno assassinato un operaio, delegato dell’Italsider, Guido Rossa. I sindacati unitari proclamano lo sciopero generale...”
Chiusi i cinema. Svuotate le scuole. Le saracinesche dei negozi abbassate. Un fiume di tute blu e di folla si riversa a piazza De Ferrari (repertorio Rai). I cortei si ingrossano.

Genova - Piazza De Ferrari
Repertorio e ricostruzioni
est. giorno
Di fronte ad una folla enorme, compatta, in un’atmosfera tesa e drammatica, sul palco improvvisato si alternano gli interventi degli oratori:
Sindacalista: “Rossa era un operaio coraggioso. Era uno di noi... Non aveva interessi privati da difendere, proprietà da ingrandire, potere da espandere. Aveva un solo torto: non avere paura! Sparando a Guido è come se avessero sparato a tutti noi...”
Paolo Perugino: “Siamo qui commossi perché è stato ucciso uno di noi, ma abbiamo anche i denti stretti per la rabbia contro chi da anni invece di colpire i terroristi, gli esecutori e i mandanti, li lascia fuggire. Guido ha combattuto la sua battaglia, e chi lo ha assassinato ha finito per sempre con le sue false sigle proletarie, si è smascherato fino in fondo. Non ci stiamo più alle interpretazioni sociologiche del terrorismo. I conti il terrorismo li farà con questa classe operaia...”
Fulvio Cerofolini (sindaco di Genova): “L’omicidio di Rossa si aggiunge agli oscuri episodi di violenza non solo terroristica che in questi anni hanno teso al medesimo obiettivo: destabilizzare le Istituzioni e rendere possibile una politica repressiva...”
In un angolo della piazza, mescolato alla folla, c’è il Professore: gli occhi bassi, le spalle curve, come a volersi nascondere; alla fine si allontana (gli occhi sono pieni di lacrime) quasi inseguito dalle parole degli oratori.

Genova - Italsider - Teatro di fabbrica
Repertorio e ricostruzione
int. sera (colore seppia?)

Il corpo di Guido, ancora visibile nella bara aperta. Il flusso di chi viene a rendere l’ultimo omaggio a Rossa procede ininterrotto, anche se attraverso la ressa si passa a stento. La vedova e Sabina, pallide e affrante, sono vicine al feretro.
Arrivano Lama, Macario e Benvenuto per i tre sindacati. Arriva Berlinguer, con Natta e Pecchioli. Poi il presidente della Repubblica, Pertini. Si grida “largo, largo!” per aprire un esiguo corridoio. Pertini, i tratti induriti dall’emozione, si accosta alla bara, abbraccia la vedova, esprimendo il suo cordoglio e invitandola a visitarlo al Quirinale; poi con un gesto brusco estrae dalla tasca del cappotto un astuccio da cui prende la medaglia d’oro al valore civile.
Qualcuno dice: “Il cuscino rosso!. Arriva il cuscino. Il Presidente appunta la medaglia sul piccolo cuscino che adagia sul petto di Guido, dicendo: “Mi raccomando di toglierla, perché la conservi la vedova”. Si mette in raccoglimento, ma non riesce a trattenere l’emozione. Si toglie gli occhiali. Si passa una mano sugli occhi umidi. Dice:
Sandro Pertini: “Tanti anni dopo la liberazione non avrei immaginato che ci saremmo trovati in una situazione così grave, con gente che vuole destabilizzare la nostra democrazia. Quello che mi conforta è che ormai gli operai hanno compreso la necessità di difendere a tutti i costi questa Repubblica. C’è costata venti anni di lotta antifascista, di sacrifici, di morti. Non c’è stata regalata e va difesa a tutti i costi...”

Repertorio e inserti ricostruiti funerale
est. giorno (colore seppia?)

Sotto una pioggia incessante si forma il corteo funebre (materiali d’archivio esistenti in Rai). Delegazioni da ogni parte d’Italia, striscioni di fabbriche, gonfaloni di trecento Comuni. Dietro il furgone grigio col feretro ci sono la vedova e i principali rappresentanti politici e sindacali. Fanno ala trecento operai dello stesso reparto di Rossa e, dietro, una folla immensa che avanza sotto gli ombrelli. Ripetutamente risuonano accuse gridate: “Assassini! Vigliacchi!” E invocazioni: “Guido è vivo! Guido è vivo!” E slogan collettivi: “Se la democrazia fosse quella vera, fascisti e brigatisti sarebbero in galera!” Oppure: “E’ ora, è ora, è ora di cambiare, la classe operaia deve governare!”
A piazza De Ferrari il corteo si ferma. Iniziano gli interventi per l’estremo saluto a Rossa. Di nuovo Perugino, di nuovo il sindaco, e poi Lama.
Luciano Lama: “Riconosciamo sinceramente che se il gesto di coraggio civile compiuto dal compagno Rossa non fosse rimasto troppo isolato, se attorno a lui nel momento più arduo della prova, tutti, a cominciare dagli operai dell’Italsider, del sindacato, fossimo stati come un solo grande testimone, forse la vita di questo nostro compagno non sarebbe stata spezzata”.
Si leva un grande applauso.
Luciano Lama: “Dopo questo delitto tutto è più chiaro: il vero bersaglio dell’azione eversiva è il movimento dei lavoratori, perché costituisce il nocciolo più duro della resistenza democratica. Di fronte al compagno ucciso, noi Federazione unitaria, noi tutti cittadini coscienti e democratici dobbiamo confermare in un giuramento solenne il nostro impegno a combattere fino in fondo per la difesa della democrazia”.
Si alza dalla folla il sì del giuramento.
Luciano Lama: “La classe operaia non si fa giustizia da sé, ma esige giustizia!”
La conclusione di Lama provoca un agitare frenetico di bandiere e di striscioni, insieme ad un applauso scrosciante.


NELLA FOTO: GIANMARCO TOGNAZZI (Roberto) CON ELVIRA GIANNINI (Nora)

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