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Ottobre/2007 - Articoli e Inchieste
Intelligence
Quali doti deve avere un buon agente segreto
di Marco Cannavicci - Psichiatra-Criminologo

Le conoscenze dell’opinione pubblica
sui cosiddetti 007 derivano
essenzialmente da una cultura da fiction
che nulla ha a che fare con la realtà
del ruolo e del servizio
da svolgere. Per gli esperti, l’unico film
attendibile è “I tre gioni del condor”


Secondo il noto esperto di intelligence, l’americano David Steele, l’intelligence è “l’arte di conoscere le intenzioni dell’avversario”. Per chi si occupa di intelligence gli avversari possono essere tutti, sia gli amici che i nemici. Gli amici, perché potrebbero un domani diventare nemici, ed i nemici, perché potrebbero diventare amici. E di loro io devo sapere tutto quello che li possa riguardare non solo per l’oggi, ma soprattutto per gli sviluppi di domani. Per sapere tutto di loro io devo mandare delle persone ad acquisire le informazioni, a fare domande, ad osservare, a contare, a misurare, ad intercettare, ad interrogare, a violare posta, domicili e casseforti. Queste persone, che i russi chiamano gli “esploratori”, sono le spie che pur di ottenere le informazioni bluffano, mentono, si infiltrano, rubano, minacciano, seducono, corrompono… di tutto ed in ogni modo perché, come afferma Francesco Cossiga, “l’importanza dei fini prevale sulla legittimità dei mezzi”.
Questi esploratori sono gli agenti operativi: giovani, brillanti, dinamici, mentalmente aperti, curiosi, simpatici… ma al tempo stesso un po’ bruttini, anonimi, grigi. Insomma gli operativi sono persone brillanti nei modi ma dimessi nell’aspetto perché devono cercare di passare il più possibile inosservati. La stessa Mata Hari non era una bella donna e se vediamo le foto delle spie più note della II Guerra Mondiale, il tedesco Richard Sorge e l’albanese Eliazna Bazna (in arte Cicero) noteremo subito il loro aspetto mediocre ed insignificante. Gli operativi in genere hanno meno di 40 anni, hanno esperienza su investigazione e sicurezza, sanno maneggiare armi ed esplosivi, conoscono bene le lingue e sono single. Gli operativi che lavorano in Italia in genere sono single poiché, non potendo dire a nessuno, neanche ai familiari, la natura del proprio lavoro, avrebbero difficoltà a giustificare brusche assenze o rapide uscite da casa nel cuore della notte. E poi i familiari, i figli soprattutto, rappresenterebbero un facile elemento di condizionamento potendo essere minacciati e ricattati da altri. Dovendo invece inviare un operativo in una sede straniera, presso una ambasciata, è meglio scegliere un agente sposato che si rechi all’estero con la moglie: avendo lei al seguito potrebbe essere meno soggetto alle seduzioni delle fanciulle locali (agenti operativi del controspionaggio di quel Paese). Il più celebre esploratore della storia potrebbe essere Rudyard Kipling che nel corso dei propri viaggi raccoglieva informazioni che regolarmente passava ai servizi di intelligence della sua nazione.
Attualmente un grande sforzo informativo i servizi italiani lo stanno compiendo nell’area balcanica. In questa zona operano vari servizi di intelligence, fra cui anche quelli italiani del Sismi (a breve Aise) ed i militari del Ris dello Stato Maggiore della Difesa. Fra di loro c’è un ottimo scambio informativo poiché quasi tutti gli operativi presenti in loco conoscono la lingua locale e possono interagire molto bene con la popolazione locale. Questi operativi sono quasi tutti militari (alcuni esponenti civili di Ong raccolgono e trasmettono informazioni non sapendo neanche dove e a chi finiranno le informazioni). Conoscere la lingua è importante per poter agire in un determinato contesto sociale e culturale. Tuttavia non basta, agli operativi che operano in zona sono stati effettuati dei corsi sulla conoscenza psicologica, religiosa, relazionale ed antropologica sulle popolazioni locali. Riescono quindi non solo a penetrare la loro cultura, attraverso la lingua, ma anche la loro psicologia attraverso la mediazione culturale. Capacità questa che è mancata agli americani sia in Iraq che in Afghanistan e su cui invece contano molto i formatori degli agenti militari italiani (attraverso corsi sulla psicologia asimmetrica).
Gli esploratori dunque rappresentano i raccoglitori delle notizie e delle informazioni. La loro attività non è intelligence nel vero senso della parola poichè si limitano alla semplice raccolta e trasmissione dei dati. La vera e propria attività di intelligence è l’analisi, cioè “l’estrazione di conoscenza” da una omogenea raccolta di dati e di informazioni. A compierla sono gli analisti, gli esperti della materia su cui devono produrre ulteriore conoscenza. Gli analisti si dividono in strategici, se si occupano di grandi temi su cui periodicamente esprimono dei punti di situazione (ad esempio sullo stato delle relazioni tra l’Italia e la Russia, tra l’Italia e la Libia, oppure sui flussi migratori, sul narcoterrorismo o sull’espansione nel mediterraneo dell’integralismo islamico), oppure sono analisti operativi, se si occupano di problemi contingenti in corso di evoluzione (ad esempio i flussi di armi, di droga, di esseri umani nei vari punti di frontiera dell’Italia, oppure dei collegamenti tra il terrorismo italiano e quello internazionale).
Gli analisti in genere sono laureati, sono civili, effettuano una attività tipica degli impiegati in quanto lavorano sulle carte leggendo fascicoli e redigendo rapporti. Anche loro sono vincolati al segreto di ufficio verso i propri familiari. Per accedere al ruolo di analista è necessario compiere un tirocinio formativo in cui si acquisiscono le tecniche di analisi. Un esempio di estrazione di conoscenza (intelligence pura) per un analista strategico potrebbe essere: una fonte afferma che una compagnia aerea, di una nazione vicina al terrorismo islamico, ha acquistato due aerei B737 e che questi non sono entrati in servizio; un’altra fonte afferma che in Sudan sono stati visti due aerei a cui sono stati tolti dei sedili dei passeggeri per far posto a dei serbatoi di cherosene; un’altra fonte afferma che in Pachistan sono fermi due B737 ed intorno a questi due aerei c’è un flusso maggiore di presunti terroristi islamici. Un analista operativo che scenari prevederebbe? (da notare che le informazioni sono vere, anche se di alcuni anni fa).
Le norme vigenti sull’assunzione del personale, dal decreto di Lamberto Dini del 1995 fino all’attuale legge 124 dell’agosto scorso, non prevedevano le assunzioni dal mondo civile. Il varo della legge di riforma dei servizi di informazione e sicurezza (l. 124 del 3 agosto 2007) ha sbloccato la situazione e sicuramente si tornerà, con gli imminenti decreti applicativi sul reclutamento del personale, ad assumere dal mondo civile. Civile inteso come fuori dalla Pubblica Amministrazione. Il compito delle assunzioni potrebbe essere gestito dall’ufficio che attualmente svolge il ruolo di coordinamento, raccordo e collegamento fra i servizi, attualmente noto come Cesis e Dis di prossima denominazione.
Le conoscenze dell’opinione pubblica sull’intelligence in generale e sul personale di intelligence in particolare derivano essenzialmente da una cultura da fiction e da film, cultura che nulla ha a che fare con la realtà del ruolo e del servizio da svolgere. Anche la recente fiction trasmessa su Rai Uno sui servizi di sicurezza non ha fatto altro che confondere ulteriormente le idee poiché nulla di quanto vi è stato rappresentato corrisponde alla realtà. Ad avviso di molti esperti di intelligence l’unico film che riporti in modo abbastanza fedele il ruolo e l’attività di un analista è “I tre giorni del condor”, con Robert Redford nei panni di un analista. Tutto il resto, a partire da James Bond, è solo banale mistificazione.
Alcuni testi militari molto antichi, soprattutto cinesi, hanno analizzato il fenomeno della guerra introducendo per primi i concetti essenziali sui servizi segreti, sull’agente doppio, sulla disinformazione e sul doppio gioco. Dal testo L’arte della Guerra di Sun Tzu si possono estrapolare a tal proposito delle interessanti informazioni:
- “bisogna scegliere uomini intelligenti, pieni di talento e capaci di avvicinare il nemico, perché intimi con il sovrano e coi membri della nobiltà. In questo modo essi hanno la possibilità di osservare da vicino i movimenti prestabiliti del nemico ed informarsi circa i suoi piani;
- fra tutti coloro che nell’Esercito occupano una funzione vicino al Comandante, nessuno gli è più intimo dell’agente segreto;
- vagliare il carattere di una spia per stabilire se è sincero, leale ed intelligente è la prima cosa. Solo dopo averlo giudicato lo si può utilizzare…;
- è necessario fuorviare gli agenti nemici che sono venuti a spiarci, e bisogna tentare di comprarli. E’ così che si reclutano e si utilizzano gli agenti doppi;
- un Esercito senza agenti segreti è come un Esercito di uomini senza orecchie e senza occhi”.
Da sempre quindi le persone utilizzate dai servizi di intelligence sono delle persone astute, scaltre, intelligenti, molto colte, ma anche spregiudicate, ciniche, immorali, ingannatrici, pronte a cogliere il vantaggio e l’opportunismo personale in qualsiasi occasione. L’agente segreto, la spia, è sempre rimasto nella considerazione dell’opinione pubblica come l’infame della società.
Montesquieu disse una volta che “lo spionaggio potrebbe essere tollerabile se fosse praticato da uomini d’onore, ma l’infamia che inevitabilmente si attribuisce all’agente segreto diviene l’elemento di giudizio della professione stessa”.
L’operatività in un servizio di intelligence suscita dunque l’affiorare nell’agente non solo delle migliori qualità umane, ma anche degli aspetti non positivi. E l’agente segreto potrebbe essere chiamato a funzionare ed operare proprio in virtù non delle qualità, ma di ben altro.
Ad esempio, il servizio di controspionaggio americano dell’Fbi seleziona ed addestra il proprio personale condizionandolo su alcuni punti fondamentali, fra i quali si legge:
- mai fidarsi di un agente che lavori soltanto per lucro, c’è denaro anche dall’altra parte;
- “mai attaccarsi alle personalità e agli ideali dei gruppi con i quali si lavora, gli uni e gli altri possono costare caro;
- sforzarsi di passare sempre inosservati;
- essere disposti in ogni circostanza, ad ignorare tutti i precetti, le regole, le norme precedentemente apprese, se ciò è utile ai fini della riuscita della propria azione”.
Per la dottrina Fbi si può dunque scavalcare la morale, l’etica, la legge, quando a dominare è una superiore Ragione di Stato. Passando in un campo avversario, si riscontra che il profilo psicologico degli uomini reclutati dai servizi di sicurezza ex-sovietici è molto più sofisticato di quello americano. Ciò si può evincere dall’analisi di un altro documento, tratto dal Manuale di Reclutamento del generale Anatolevich, del Kgb: “fate attenzione alle persone meno favorite dalla natura o dal caso, poco attraenti o sofferenti di complessi di inferiorità, bramose di potere e di prestigio, ma sconfitte dalle circostanze. L’appartenenza ad una organizzazione potente e prestigiosa può dar loro un senso di superiorità nei confronti della gente più bella e più abbiente che incontrano nella vita quotidiana”. Si deduce che il Kgb cercava ed arruolava soggetti con tratti di personalità di tipo paranoideo, perché solo i paranoidei sono dei soggetti diffidenti, sospettosi, introversi ed emotivamente freddi. Dissociano utilmente le prestazioni intellettive dagli stati emozionali.
Le caratteristiche psicologiche di un agente operativo sono ricollegabili essenzialmente a tre: il pensiero, la curiosità, la sicurezza. Il pensiero deve essere in grado di effettuare analisi e sintesi allo stesso momento, vedere sia il particolare che il generale, “la corteccia e l’albero allo stesso tempo”. La curiosità è l’attitudine a sapere, a conoscere, ad informarsi, a raccogliere dati. Con discrezione, con capacità e con naturalezza, facendo parlare l’interlocutore anche di cose su cui da solo, spontaneamente, non parlerebbe. La sicurezza è la capacità di resistere alle varie “seduzioni” che rendono una persona “comprabile” da altri, come ad esempio la seduzione dei soldi, del potere e del sesso. Questo si traduce in competenze relazionali, memoria, dinamismo, stabilità emotiva ed intelligenza emotiva.
I test psicologici che, a livello internazionale, si effettuano durante la selezione del personale di intelligence integrano una batteria di test in cui sono previsti sia i test di personalità che i test che valutano il livello intellettivo, nonché i test che valutano le risorse psicologiche possedute in grado di fronteggiare la tensione nervosa, lo stress e l’emotività (come ad esempio le capacità di coping). Da notare che uno dei test che attualmente viene usato nel reclutamento dei manager dell’industria, il Bfq (Big Five Questionnaire), è nato come strumento di reclutamento degli agenti dei servizi di sicurezza americani. Spesso una delle prove psicologiche che si effettuano è di portare il candidato ad un livello di saturazione mentale in cui deve organizzare al meglio la sua attenzione e cercare di non andare in tilt. Non è richiesta quindi l’intelligenza fredda di chi ha tutto il tempo per decidere cosa fare, viene chiesta l’intelligenza calda di chi deve decidere in una frazione di secondo fra più stimoli che contemporaneamente richiamano la sua attenzione. Nelle selezioni sono importanti i test, tuttavia è molto importante anche l’osservazione diretta di come il candidato affronta i test, della scelta delle sue procedure e di come si integra con gli altri nelle varie attività di gruppo. La selezione dei candidati dura più giorni per cui alla fine di tutti i test e delle osservazioni la griglia valutativa è particolarmente ricca. Tuttavia è sufficiente anche solo una valutazione negativa per bocciare il candidato.
I servizi di sicurezza arruolano quindi sia agenti operativi (che operano sul territorio) che analisti (che lavorano alla scrivania analizzando documenti e distillando ipotesi e valutazioni). In Italia, per una disposizione del Presidente del Consiglio del 1995, Lamberto Dini, sono state sospese le assunzioni dall’ambito civile e le uniche acquisizioni possibili per i servizi sono state solo quelle per transito da un altro ufficio della Pubblica Amministrazione. Fino al 1995 si potevano leggere annunci di impiego sui giornali con la dizione “la Presidenza del Consiglio cerca laureati in…”, in realtà erano i servizi che avevano bisogno di quella competenza. Dopo il 1995 questo tipo di annunci è scomparso. Quando i decreti applicativi della recente legge di riforma dei servizi sul reclutamento del personale di intelligence saranno emanati probabilmente si tornerà ad osservare questo tipo di annunci nelle ricerche di personale specializzato.
Attualmente diverse università italiane offrono corsi di preparazione all’attività di intelligence: l’Università dell’Aquila, della Calabria, il Link Campus di Malta presente a Roma. Questi corsi tuttavia non offrono alcun titolo preferenziale per l’assunzione presso i servizi di sicurezza istituzionali. Però è possibile trovare una buona accoglienza negli uffici privati ed aziendali che si occupano di security ed intelligence. Attualmente le aziende hanno un forte bisogno di esperti della sicurezza per la protezione dei propri interessi e vengono vagliate con attenzione tutte le candidature di persone che masticano i concetti e le procedure dell’intelligence.
Allo stato attuale non esistono convenzioni tra queste Università ed i servizi istituzionali (Aise, Aisi, Dis), finora loro hanno potuto acquisire il personale solo per passaggio diretto da un altro Ente della Pubblica Amministrazione. Possono esserci convenzioni o percorsi preferenziali per gli uffici della sicurezza aziendale, allorquando i prodotti trattati dall’azienda finiscono nelle forniture di Enti della Difesa o dell’Interno. Come ad esempio Alenia, Finmeccanica, Marconi, Oto Melara o aziende simili.
Anche un militare di professione non godeva di alcuna riserva di posti per il Sismi. Il suo percorso per un eventuale passaggio ai servizi prevedeva una iniziale segnalazione da parte dell’Ufficio “I” dell’Ente dove veniva espletato il servizio per il reparto informazioni e sicurezza dello Stato Maggiore della propria Forza Armata, o per il Ris (Reparto Informazioni e Sicurezza dello Stato Maggiore della Difesa). Se la segnalazione aveva un seguito era chiamato ad effettuare dei corsi di formazione nelle scuole di intelligence della Difesa e se avveniva l’abilitazione ad alcune funzioni di intelligence, poteva in seguito interessare anche il Sismi (che non era un organo della Difesa in quanto dipendeva direttamente dalla Presidenza del Consiglio).
I servizi non amano raccogliere curriculum e non conservano un archivio di questi. Ai servizi troviamo degli elenchi, suddivisi per materie e competenze, di tutti quegli esperti che, in caso di bisogno, possono essere consultati per un parere, ma si tratta di studiosi, professori, esperti che è difficile reperire nell’ambito della Pubblica Amministrazione. Anche un analista del Sismi potrebbe avere difficoltà nel “leggere” una situazione o un insieme di documenti. In questi casi si ricorre all’esperto esterno, a pagamento, per una specifica consulenza.
In linea generale ogni struttura informativa ha una Direzione, una segreteria di Direzione, una sezione che si occupa del personale ed una serie di divisioni e di sezioni a seconda delle specifiche competenze del servizio. Al Sisde, ora Aisi, si effettua controllo del territorio e quindi vengono monitorate tutte le attività illecite che possono effettuarsi sul territorio italiano (con una sezione per ogni tipo di attività, esempio mafia, terrorismo, traffico d’armi, ecc…). Al Sismi si effettuava sia spionaggio all’Estero che in Italia (controspionaggio) ed analisi delle informazioni acquisite, erano quindi tre le divisioni più importanti (Ricerca, Analisi e Difesa) e poi c’era quella che si occupa dell’amministrazione e del personale. Nel trasformarsi in Aise ha perso le attribuzioni sul territorio italiano e quindi le attività di controspionaggio. Al Cesis, attualmente Dis, si effettua prevalentemente analisi e si divide l’analisi per ambito di interesse e per area geografica. Diciamo quindi in linea generale che le organizzazioni interne dei vari servizi avvengono per funzioni e per aree di interesse. Il grosso del lavoro non è più l’acquisizione delle informazioni, le fonti sono moltissime e più che sufficienti, ma l’analisi delle informazioni raccolte. Si fa intelligence solo quando in base alle cose che già si sanno se ne affermano altre su cose che ancora non si sanno ma sono possibili, veritiere o solo in attesa di verificarsi. Approssimativamente possiamo dire che il 70% degli appartenenti ad un servizio sono analisti o amministrativi (come dei comuni impiegati con orario 8-16) e che solo un 30% è operativo (come quelle grigie persone che ti fermano per strada a chiederti una informazione o che attaccano bottone mentre fai la fila alla posta; non ci sono James Bond tra gli operativi).
Ai servizi di sicurezza finora hanno avuto accesso tutti i dipendenti della Pubblica Amministrazione per chiamata diretta. Vi hanno avuto accesso nei ruoli di agente operativo (dove si preferiscono i militari o le Forze di polizia) e di analista (dove si preferiscono gli intellettuali, i laureati in discipline tecniche o scientifiche particolarmente rare, i linguisti, gli storici, gli antropologi, gli psicologi…). Al momento dell’ingresso nei servizi perdono il loro status giuridico di militari e passano alle dipendenze della Presidenza del Consiglio. Gli operativi sono in genere più giovani ed hanno una vita media nel servizio di circa 10 anni e poi tornano nell’Ente di origine. Gli analisti sono un po’ più maturi ed hanno una vita media nel servizio più lunga per cui possono anche arrivare a prenderci la pensione.
I requisiti più importanti sono le capacità operative (per gli agenti) dimostrate negli anni di servizio nelle Forze armate o nei Corpi di Polizia e le conoscenze (per gli analisti) circa le discipline particolarmente rare e preziose. Le conoscenze sono il requisito indispensabile per chi deve comprendere cosa “bolle in pentola” negli ambiti di interesse per la sicurezza nazionale.
Possono essere assunti nei servizi di sicurezza tutti i dipendenti della Pubblica Amministrazione in grado di assicurare una prestazione utile agli scopi ed alle finalità di servizio e di possedere i requisiti minimi richiesti dal Nos (nulla osta segretezza) per trattare le informazioni classificate.
Allo stato attuale sono richiesti, come analisti, laureati in discipline umanistiche, antropologi, conoscitori dell’Islam, dell’arabo e dei suoi dialetti, esperti in strategie internazionali, in diritto internazionale… Sono molto richiesti gli informatici, i tecnici elettronici e delle telecomunicazioni, i biotecnologi. Basta poi leggere i giornali per rendersi conto di quali possano essere le esigenze di sicurezza per le Istituzioni italiane, sia per le minacce che possono venire dall’esterno che per le minacce che possono nascere sul territorio italiano. Su queste minacce è necessario disporre di esperti in grado di capire ciò che sta accadendo e di ipotizzare quello che potrebbe accadere nel breve, nel medio e nel lungo termine.
E’ una posizione sovrapponibile a quella richiesta nelle aziende private come “security manager”. In realtà questa posizione è nata nelle Forze di polizia e nelle Forze armate. Gli ufficiali ed i funzionari di Polizia vengono formati, fin dall’Accademia, alla gestione della sicurezza, sia attraverso la predisposizione di difese materiali, che di uomini, procedure, sistemi di rilevamento di anomalie e della predisposizione dei sistemi di prevenzione. Nate nel mondo militare sono poi transitate nel mondo dell’industria come protezione dei beni aziendali, dei brevetti e delle strategie di marketing. Quasi tutti i manager della sicurezza aziendale provengono dalle Forze di polizia o dai Carabinieri proprio per questa peculiarità dell’addestramento. Uomini che della sicurezza hanno fatto uno stile di vita.
(cannavicci@iol.it)

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