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Novembre-Dicembre/2007 - Analisi
Si torna a parlare della “torta” all’italiana
di Belphagor

Il libro autobiografico della signora Valerie Plame Wilson, americana, moglie di un ex ambasciatore, e lei stessa ex agente della Cia, pubblicato nel novembre scorso, ha avuto un immediato successo negli Stati Uniti. Prevedendolo, l’editore Simon and Schuster ha versato all’autrice un anticipo di due milioni e mezzo di dollari, e la Warner Bros ne ha già acquistato i diritti cinematografici. Il titolo del libro, “Fair Game: My Life as A Spy, My Betrayal by the White House” (Bersaglio facile: la mia vita di spia, come la Casa Bianca mi ha tradito), ha un tono vagamente giallo, e sembrerebbe indicare un affare puramente interno agli Usa. E invece quello che racconta la signora Plame Wilson riguarda molto da vicino, per un periodo che dall’ottobre 2001 al febbraio 2003, il nostro governo e il Sismi (Servizio segreto militare) di quegli anni. E di giallo c’è solo il colore di una “torta” taroccata i cui ingredienti erano quasi tutti “made in Italy”.
Un giorno del febbraio 2002, Valerie Plame viene avvertita nel suo ufficio di Langley, sede della Cia, di una comunicazione urgente da parte del vicepresidente Dick Cheney: dal Sismi sono arrivati documenti che proverebbero un accordo tra il Niger e l’Iraq, risalente al 1999, per la fornitura annua di 500 tonnellate di ossido di uranio, detto “yellow cake”, torta gialla, un prodotto necessario per procedere all’arricchimento dell’uranio. Sarebbe la prova che Saddam Hussein si sta dotando di armi nucleari, e Cheney vuole che la Cia indaghi. Non avendo un ufficio a Niamey, capitale del Niger, la direzione della Cia decide di inviare in missione esplorativa Joe Wilson, marito della Plame, che da diplomatico ha una profonda esperienza sia in Iraq, sia in Africa, dove si è già occupato per conto della Cia di questioni riguardanti l’uranio. Inoltre conosce i francesi che gestiscono le miniere di uranio nel Niger. Wilson vola a Niamey, compie un’accurata indagine, e al ritorno consegna una relazione “che si concludeva ritenendo un falso la storia dell’uranio dal Niger”.
Ovviamente la Casa Bianca riceve la relazione, che del resto conferma il parere negativo già espresso dalla Cia sulle segnalazioni fatte dal Sismi nell’ottobre 2001 a proposito del traffico di uranio Niger-Iraq, e il problema sembra chiuso. Fino a che, il 28 gennaio 2003, George W. Bush nel suo rituale discorso sullo stato dell’Unione, pronuncia la frase che deve giustificare l’attacco all’Iraq: “Il governo britannico ha saputo che Saddam Hussein recentemente ha cercato di acquistare significative quantità di uranio dall’Africa”. In realtà il governo britannico non ha saputo nulla di nuovo, le informazioni sono ancora quelle italiane, ma a Bush sembra che attribuirle al Sismi non aiuterebbe a renderle credibili. Indignato da quella presa in giro, Joe Wilson scrive sul New York Times un articolo raccontando la storia della sua missione, e la Casa Bianca reagisce facendo pubblicare da giornalisti compiacenti, tramite Lewis Libby, primo consigliere di Cheney, la notizia che la moglie di Wilson è un agente “sotto copertura” della Cia. Una rivelazione che è un crimine federale, e Libby, processato e condannato, evita 30 mesi di carcere solo con un’affrettata grazia presidenziale.
Dietro ai fatti narrati da Valerie Plame Wilson si nasconde una vicenda che, malgrado la gravità della materia, ha toni nettamente farseschi. E’ vero che dall’ottobre 2001 il Sismi, allora diretto da Niccolò Pollari, trasmette alla Cia informazioni sull’uranio nigeriano destinato all’Iraq, informazioni raccolte da una sua fonte, una certa “Signora”, impiegata all’ambasciata del Niger a Roma, cautelandosi dietro la formula dell’“ipotesi”. Ma è anche vero che è in circolazione sullo stesso argomento un voluminoso dossier, messo insieme da Rocco Martino, ex carabiniere, ex collaboratore del Servizio segreto militare, con l’aiuto di un colonnello vice capocentro del Sismi fino al gennaio 2002 (quando va in pensione), e della sunnominata “Signora”. Un falso da cima a fondo, costruito in parte con fogli di carta intestata sottratti all’ambasciata, che Rocco Martino tenta di vendere a destra e a sinistra. Prima al capostazione della Cia a Roma, Jeff Castelli, che lo rifiuta sdegnosamente, poi, a Bruxelles ai servizi francesi e all’MI6 britannico, che dopo averlo esaminato lo respingono al mittente. Il dossier gira molto, ma tutti gli interpellati si rendono conto che è una “bufala”. Ma, rivela Valerie Plame, nel febbraio 2002 il vicepresidente Dick Cheney lo attribuì esplicitamente al Sismi. Mentre il Servizio segreto italiano doveva sapere, se lo sapevano tutti gli addetti ai lavori, che il dossier era un falso totale. Nato, perdipiù, nelle sue strette vicinanze. Ricordiamo che l’“affare” della “torta” nigeriana, all’origine del disastroso conflitto iracheno, fu ricostruita attraverso un’inchiesta dei giornalisti di la Repubblica Carlo Bonini e Giuseppe D’Avanzo, e che Belphagor ne parlò su Polizia e Democrazia nel novembre 2005. Forse ora, dopo il libro della Plame – che la Cia ha visionato, censurandone alcune parti per motivi di sicurezza, e avallando così il resto - si avrà qualche risposta. Forse.

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