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Novembre-Dicembre/2007 - SOLO ON LINE SU POLIZIA E DEMOCRAZIA
A Palermo per “u Fistinu” di Santa Rosalia
di Veronica Rodorigo

La festa di Santa Rosalia che si celebra a Palermo è una delle più popolari feste religiose del mondo. Per i palermitani Santa Rosalia è patrona di tutti loro che li rappresenta in Cielo, e viene onorata e festeggiata ogni anno.
Quando Ruggero II regnava sul Regno normanno di Sicilia e costruiva meravigliose chiese arabo-normanne, il destino gli inviò qualcosa di straordinario. Nel 1128 circa venne al mondo una bimba, figlia del conte Sinibaldo Sinibaldi e Maria Guiscarda, cugina del re. Nacque come vuole la leggenda, profumando di rose e gigli. Per questo fu chiamata rosae-lilia (Rosalia). Crebbe bella e intelligente e a 16 anni offrì la sua vita per il bene del regno siciliano contro ogni insidia malefica. Fuggì di casa rifugiandosi nella grotta della Quisquina, vivendo nella preghiera e nella penitenza. Le sue preghiere aiutarono a risolvere lotte intestine del Regno di Sicilia.
Tornata la pace, anche per merito di Rosalia, fu scongiurata perché tornasse a Palermo. Ispirata dalla sua fede abbandonò il suo eremo per tornare a Palermo, fino a stabilirsi in una spelonca sul Montepellegrino dove visse fino alla sua morte, il 4 settembre 1160 venne canonizzata.
Ritroviamo il nome di questa giovane Santa nell’anno 1624, in occasione della peste. Le invocazioni dei palermitani rivolte alle numerose sante protettrici non davano esiti richiesti. Fu la stessa Santa Rosalia a suggerire di cercare e portare le sue ossa, ritrovate nella grotta in cui era vissuta, in processione per la città.
I resti della Santa, ritrovati nella grotta del Montepellegrino il 15 luglio 1624, dichiarati autentici, vennero posti in una urna d’argento e portati in processione per le vie di Palermo, per ottenere la liberazione della città dalla peste.
Il miracolo avvenne determinando il trionfo della giovane santa nel cuore dei palermitani che risposero con un “Fistinu” di 9 giorni. Con una somma favolosa venne innalzata una macchina addobbata da tessuti preziosi, ceri, fiaccole e luminarie. Colonne, statue e altari portata in trionfo il 7 giugno 1625, dopo una novena di preghiere e digiuno. Il popolo accorse devoto, incurante della probabile diffusione del morbo. Dopo un anno esatto dal miracoloso ritrovamento delle sante ossa, la peste è scongiurata.
Nasce a Palermo il “Fistinu di Santa Rosalia”. La più grande festa barocca che si celebri a tutt’oggi nel mondo. Un appuntamento in cui Palermo si rinnova, spende più che può per dimostrare la propria gratitudine. Vengono affrontate molte e cospicue spese, ma l’affluenza di oriundi siciliani, forestieri ricchi e poveri, ogni anno, come per miracolo, vengono compensate e trovano un giusto equilibrio.
Attraverso i secoli, attraverso il cambiamento di usi e costumi, niente ha frenato questa festa di splendore, di fede e di gioia. Forse è aumentata la connotazione culturale di festeggiamenti, in questa tradizione palermitana religiosa e no. Si sono uniti ai riti religiosi cortei, carri trionfali, danzatori, mimi. Qualcosa che vuole riunire tutti i palermitani che, oltre ad esigenze spirituali mai estinte, sentono il desiderio di partecipare a qualcosa di loro, a qualcosa che li faccia sentire un popolo, una famiglia.
Quando il carro con il simulacro di Rosalia si ferma e si alza il grido del sindaco che sintetizza il senso della festa: “Vive Palermo e viva Santa Rosalia”, i palermitani sentono materialmente la serenità che viene meno nella vita di tutti i giorni. Tutti insieme sul lungomare cittadino, una folla di centinaia di migliaia di persone, per assistere allo straordinario gioco pirotecnico.
Il giorno successivo la processione religiosa con l’urna contenente le ossa della santa e le parole del cardinale Pappalardo nel 1995: “Gli errori, i vizi, i peccati, le ingiustizie, le violenze sono la nuova peste che distrugge i corpi e corrode la coscienza dei singoli e dell’intera società”.
Santa Rosalia può essere l’antidoto, la medicina etica. Il suo santuario domina la Croce d’Oro dall’alto del monte a protezione del popolo palermitano.

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