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giugno / luglio/2004 - Interviste
Polizia
Metti un poliziotto sul motore
di Gerardo Dettori


Dalle antiche pietre dei Romani al rischio continuo delle nostre vie di comunicazione. Storia della circolazione dei veicoli attraverso le metamorfosi della “Stradale”

“Fra tutte le strade costruite, doveva essere di somma bellezza e comodità la via Portuense, la quale da Roma conduceva ad Hostia, perciocché era divisa in due strade, tra l’una e l’altra delle quali era un corso di pietre, un piede più alto del rimanente e serviva per divisione: per una di queste vie si andava e per l’altra si tornava, schifando l’offesa dell’incontrarsi. Che bella invenzione, molto comoda al grandissimo concorso di persone che a que’ tempi era a Roma da tutto il mondo”.
Così scriveva Andrea Palladio, sommo architetto del ’500: cosicché i Romani furono i primi, in assoluto, a costruire una... autostrada, anche se allora gli unici veicoli che vi transitavano erano i carri e le bighe.
Il tempo è passato (più di venti secoli) e le strade e le autostrade - ovviamente - hanno raggiunto uno sviluppo qualitativo e quantitativo veramente impressionante.
I problemi, perciò, connessi alla circolazione sono una infinità; per quanto attiene la sorveglianza, la prevenzione e la repressione delle infrazioni che sui nastri di asfalto si possono commettere, il compito di vigilare è demandato a quella che oggi si chiama la Polizia Stradale, Specialità della Polizia di Stato.
Anche ai tempi dei Cesari esisteva una Stradale ante litteram: era preposta al controllo del traffico e al pattugliamento. I Mancipes o Praepositii mansionis (così si chiamavano) che facevano capo al Prefectus Vehiculorum.
In Italia il 15 novembre 1868, segna la data della nascita del “Regolamento di Polizia Stradale (Regio decreto 4697)”, anche se in quella legge non si faceva riferimento a speciali Corpi di Polizia preposti alla sicurezza stradale. La norma conteneva prescrizioni riguardanti soprattutto il traffico dei veicoli a trazione animale (larghezza massima, caratteristiche delle lanterne, obbligo di tenere la mano destra, doveri dei cocchieri e dei postiglioni).
Nell’ultimo decennio dell’Ottocento, quando sulle strade apparvero i velocipedi, fu esteso anche a questi mezzi l’obbligo del fanale anteriore; altre norme nel 1901, nel 1905 e nel 1912, dettarono la disciplina riguardante le targhe, i dispositivi di segnalazione acustica, le patenti di guida. Tuttavia la sicurezza della circolazione, pur presente nelle enunciazioni delle norme di legge, non trovava una concreta attenzione proprio a causa dell’assenza di organi di Polizia espressamente creati nel quadro della repressione e prevenzione delle violazioni.
Dopo la Prima Guerra Mondiale, ci fu un rinnovamento della rete stradale e la diffusione delle automobili contribuì a cambiare i costumi degli italiani. Nel 1923 circolavano in Italia centomila veicoli di vario genere (oggi sono oltre venti milioni) per cui il legislatore ritenne opportuno dare un assetto sistematico a tutta la normativa in materia di circolazione stradale.
Il Regio decreto 31 dicembre 1923, n. 3043, che può essere considerato come il precursore del Codice della Strada, previde che la prevenzione e la repressione dei reati stradali fossero affidate, su piano operativo, alla Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale, la nuova struttura affiancata da Mussolini alla Pubblica sicurezza un anno prima, contestualmente allo scioglimento della “Regia Guardia”.
La svolta decisiva avvenne nel 1928: il ministero dei Lavori Pubblici, visto che la circolazione dei veicoli era più che raddoppiata rispetto al 1923, varò la legge istitutiva dell’Azienda Autonoma Statale delle Strade (l’Anas di oggi) con la norma 17.5.1928, n. 1094. Tra le prerogative di questo nuovo ente c’era quella di avere alle dipendenze uno speciale Reparto della Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale, che si chiamò “Milizia della strada”.
L’art. 1 del Regio decreto 2716 del 26 novembre 1928 chiarì che la Milizia della strada “ha il compito di curare, in concorso con gli altri funzionari ed agenti a ciò autorizzati, la disciplina della circolazione e il servizio di Polizia Stradale, nonché di vigilare, per la rete delle strade statali, sulla conservazione delle segnalazioni esistenti, provvedendo, altresì, al servizio di informazioni concernenti la sicurezza della viabilità e al soccorso automobilistico”.
Passato quattro anni e con il decreto 20 ottobre 1932 n. 1554, viene fissato l’ordinamento della Milizia della strada; la struttura comprendeva un Comando centrale con sede a Roma dal quale dipendevano cinque Ispettorati interregionali e 19 Reparti regionali. Per gli ufficiali era d’obbligo la laurea in ingegneria; per i militi era necessaria la licenza elementare, la patente di guida per motocicli (dovevano essere anche celibi).
La Milizia della strada opera fino al 1943. Il 6 dicembre di quell’anno, un decreto legge firmato dal re e dal governo (presieduto dal generale Pietro Badoglio) dichiarò sciolta la Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale e tutte le sue specialità al fine di “restituire le funzioni della Milizia e delle sue Specialità agli ordinari organi di Polizia”.
I compiti della Milizia venivano trasferiti alle Forze armate; in particolare l’art. 11 del decreto affidava le funzioni della Milizia della strada all’Arma dei Reali Carabinieri (quest’ultima disposizione fu revocata con altro Regio decreto legge emanato il 29 maggio 1944).
Finalmente nel 1946, per impulso dell’allora Capo della Polizia Luigi Ferrari, con una circolare a tutti i questori, si autorizzavano questi ultimi ad istituire “Sezioni di Polizia Stradale”: nacquero così le prime 72 sezioni di Polizia Stradale presso le questure.
Il decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 1510, del 26 novembre 1947, pur mantenendo le Sezioni della Stradale alle dipendenze delle rispettive questure, affidava formalmente al Viminale la gestione del servizio e la responsabilità per la formazione e la specializzazione del personale: l’art. 1 di questo decreto può essere considerato l’atto costitutivo della Polizia Stradale come servizio della Pubblica sicurezza.
Il resto è storia dei nostri giorni.


Medaglia d’Oro per la Stradale
Per la Festa della Polizia del 2004 è stata concessa la Medaglia d’Oro al merito civile alla bandiera con questa motivazione:
“La Polizia Stradale, Specialità della Polizia di Stato, ed esempio unico in Europa di risorse della Polizia esclusivamente dedicate alla tutela degli utenti, con i suoi 12.500 agenti impiegati sulle autostrade e sulle grandi arterie del traffico, dal 1997 al 2003 ha effettuato oltre 30 milioni di interventi, garantendo con la propria presenza anche il soccorso agli automobilisti in difficoltà, di giorno e di notte, ed in ogni condizione di tempo.
Le donne e gli uomini della Polizia Stradale, prodigandosi con alto spirito di sacrificio e profonda dedizione hanno pagato, negli ultimi dei anni, il prezzo del proprio impegno con 19 caduti per servizio e 4.465 feriti.
Fulgida testimonianza di adempimento al dovere, nella conferma delle nobili tradizioni della Polizia di Stato, ricambiata dalla stima e dalla gratitudine dei cittadini”.
1997-2003 Territorio Nazionale




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