Roma, venerdì 25 novembre 2022– la FP CGIL Polizia Penitenziaria è favorevole alla conquista del reato di tortura ma lancia un appello al Governo e al Ministro Nordio sulla effettiva applicabilità all’interno degli istituti di Pena.

A parlare è Mirko Manna della FP CGIL Polizia Penitenziaria Nazionale che esprime forti perplessità sull’applicazione del reato di tortura all’interno dei penitenziari italiani.

Spiega Manna: “Dall’introduzione del reato di Tortura nel Codice penale italiano con Legge n. 110 del 2017, disciplinato agli articoli 613bis e 613ter, all’interno del titolo XII dedicato ai delitti contro la persona, ancora oggi l’Amministrazione Penitenziaria non è stata in grado di fornire chiare regole d’ingaggio e strumenti di contenimento adeguati, al fine di evitare quelle colluttazioni durante gli eventi critici che si verificano giornalmente nelle Carceri Italiane e che vedono feriti quasi sempre i Poliziotti penitenziari.

Sin dall’introduzione del reato di tortura, non è stata posta alcuna attenzione ai diritti delle donne e degli uomini della Polizia Penitenziaria che sono costretti a decidere se applicare Ordini di Servizio Obsoleti, ma vigenti, rischiando una possibile condotta perseguibile penalmente dal reato di Tortura oppure essere passibili di procedimento disciplinare: basti pensare ai fatti di cronaca di Santa Maria C.V., Bari, San Gimignano, Firenze ecc ecc… ancora al vaglio degli inquirenti. 

Aggiunge Mirko Manna FP CGIL Nazionale: “Sicuramente il Carcere non deve essere un luogo chiuso al mondo esterno e non è certo il personale del Corpo di Polizia Penitenziaria che lo vuole così, ma è indispensabile fare una seria riflessione su quanto avvenuto con i precedenti Governi che hanno predicato umanità della pena senza sostituire quelle strutture borboniche chiamate “istituti penitenziari”, che ledono la dignità umana, compresa quella dei lavoratori della Polizia Penitenziaria.

Conclude Manna: “Auspichiamo che Ministro Nordio apra un tavolo di confronto con le parti sociali affrontando concretamente i problemi che attanagliano il sistema Penitenziario che, invece di tendere al trattamento e alla rieducazione, è divenuto una “trappola giuridica” per i Poliziotti penitenziari che da un lato sono incaricati dallo Stato di garantire la sicurezza, e dall’altro sono potenzialmente “colpevoli” qualunque azione pongano in essere.

 

 

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