Il fenomeno della febbre del gioco da video-macchinette, al pari di tutti gli altri fenomeni sociali, ha avuto un periodo di silente incubazione e poi di esplosione: i video poker hanno avuto un’enorme diffusione negli ultimi 6-7 anni, ma solo adesso si cominciano a vedere gli effetti della sua esplosione. Il gioco d’azzardo da video-macchinette è considerato dagli esperti della dipendenza da gioco una new addiction, cioè una nuova forma di dipendenza, come lo shopping compulsivo o la dipendenza da Internet. Quella da video-macchinetta è una delle patologie più devastanti perché c’è la tendenza addirittura a personificare la macchinetta in un rapporto di amore-odio che porta ad una completa alienazione dalla realtà. Instaurata la video-dipendenza il gioco diviene compulsivo, sfugge cioè al controllo ed alla volontà della persona e diviene il sintomo di un disagio molto profondo del quale è necessario indagarne le cause. Questa forma di dipendenza da macchinette e scommesse nasce dall’essere questi strumenti facilmente a portata di mano, ma soprattutto dal fatto che a livello culturale il gioco non è considerato una malattia, perché nel giocatore patologico non ci sono mutazioni fisiche come nel tossicodipendente e perché è lo Stato stesso a promuoverlo per ricavarne degli introiti.
Si tratta di un fenomeno di dipendenza ampiamente sommerso che emerge nei familiari del soggetto non in modo chiaro, ma solo con angosciosi sospetti, allorquando si evidenzia nei conti personali o della famiglia un indebitamento eccessivo, non correlabile con il reddito della persona e che potrebbe derivare dalle perdite al gioco. Il sospetto nasce nei familiari quando dietro la richiesta di aiuto economico c’è un reddito sufficiente, ma che all’improvviso sembra non bastare più, in assenza di evidenti problemi legati all’alcolismo o alla tossicodipendenza. A volte, il giocatore chiude i debiti di gioco ricorrendo al prestito di una finanziaria, perché si vergogna di confessare la propria debolezza e dopo ricorre ai parenti, agli amici ed ai familiari perché non riesce ad estinguere il debito con la finanziaria.
I soggetti maggiormente coinvolti hanno intorno ai 40 anni e attraversano tutte le condizioni sociali. Alcuni studi epidemiologici effettuati sulle persone affette dalla cosiddetta “febbre del gioco”, permettono di differenziare 6 categorie principali di giocatori d’azzardo:
- giocatori patologici per azione - persone che hanno perso il loro controllo sull’attività di gioco, per loro la cosa più importante nella vita è il gioco d’azzardo;
- giocatori patologici per fuga - giocatori che trovano nell’attività di gioco sollievo da sensazioni di ansia, solitudine, rabbia o depressione;
- giocatori sociali costanti - per queste persone il gioco d’azzardo è la forma principale di relax e di divertimento, sebbene sia in secondo piano rispetto alla famiglia e al lavoro;
- giocatori sociali adeguati - giocano per passatempo, per socializzare e per divertimento;
- giocatori antisociali - coloro che si servono del gioco al fine di ottenere guadagni illegali;
- giocatori professionisti - sono giocatori che giocano d’azzardo per professione.
Alle prime due categorie appartengono le persone maggiormente bisognose di aiuto psicologico e psichiatrico: le cosiddette vittime del gioco. In loro sono stati identificati dei tratti personologici, individuati come i fattori di rischio più rilevanti per contrarre la dipendenza da gioco d’azzardo patologico. Questi sono soprattutto la depressione, l’impulsività e la continua ricerca di sensazioni forti. Nel corso dello sviluppo della patologia i giocatori sperimentano una crescente tensione psicologica che si manifesta con sentimenti di ansia ed irritabilità quando non giocano. Questo li spinge ad andare a giocare per trovare sollievo.
La prevalenza della dipendenza da gioco d’azzardo patologico è circa del 3% tra la popolazione adulta, tra questi un terzo risulta essere di sesso femminile. Le donne che ne sono affette sono maggiormente soggette ad essere depresse ed a giocare d’azzardo come via di fuga dal loro disagio e dalla loro depressione. Il gioco d’azzardo patologico tipicamente inizia nella prima adolescenza nei maschi e più tardivamente nelle femmine. Generalmente vi è una continua e crescente progressione della frequenza del gioco d’azzardo, delle somme utilizzate per le scommesse, del tempo da dedicare al gioco e alla continua ricerca di denaro con cui giocare. L’impulso ed il bisogno di attività di gioco d’azzardo generalmente aumentano durante periodi di stress o di depressione. Altre osservazioni epidemiologiche sottolineano come il fenomeno del gioco d’azzardo patologico sia diffuso in maniera omogenea nelle varie classi sociali e non presenti differenze legate alla provenienza e al contesto culturale.
Una persona che risulta essere dipendente da una sostanza o da un comportamento, che agisce come una sostanza, rimane da esse dipendente per l’intera durata della sua vita. L’obiettivo della terapia per il giocatore d’azzardo patologico è quello della sospensione della malattia e della disattivazione del comportamento patologico. Se è chiaro il fatto che il soggetto dipendente rimarrà tale per tutta la sua vita, è chiaro anche che egli mai potrà avere il controllo sul suo comportamento nei confronti del gioco d’azzardo. L’impotenza del soggetto di fronte al gioco d’azzardo può essere combattuta solo ed esclusivamente con la totale astinenza. L’astinenza non è ovviamente l’unico obiettivo del trattamento. E’ necessario arrivare a cambiare gli schemi comportamentali del giocatore, a ridurre le fragilità del suo Io, a riportarlo alle sue responsabilità, ad un rapporto più razionale con la realtà, nonché a riappropriarsi della sua emotività. E’ necessario quindi affrontare il problema con un approccio ed un trattamento multimodale (vedi finestra pagina accanto).
Oltre ai trattamenti riabilitativi, importanti per permettere al soggetto di uscire dalla sua dipendenza, esistono anche dei trattamenti preventivi, ancora più importanti poiché permettono al soggetto di non entrare in questa forma di dipendenza.
La prevenzione viene classicamente suddivisa in 3 tipologie: primaria, ossia l’insieme delle attività finalizzate ad impedire l’emergere di malattie e situazioni sociali deleterie per l’equilibrio psicologico e le condizioni sociali degli individui; secondaria, cioè l’insieme di interventi rivolti alla cura precoce dell’individuo, in seguito ad una diagnosi tempestiva che è riuscita a cogliere i sintomi del primissimo insorgere di una malattia o sofferenza psichica; terziaria, cioè l’insieme di interventi tesi ad impedire il progredire di una malattia conclamata, traducibili nelle azioni di cura e riabilitazione. È noto ormai come i problemi legati al gioco d’azzardo patologico compaiano tipicamente nella fase adolescenziale o post adolescenziale. Se si desidera che le nuove generazioni siano meno esposte ai pericoli della dipendenza da gioco d’azzardo bisogna articolare un serio programma di prevenzione a partire da quella primaria, che può avvenire a livello di gruppo familiare, di gruppi scolastici e professionali.
Altre osservazioni, che si rilevano dalle analisi statistiche ed epidemiologiche sulla dipendenza da gioco, permettono di effettuare dei profili psicologici e sociali del giocatore. La febbre del gioco coinvolge numerose persone che appartengono a varie classi sociali, dalle più modeste a quelle che hanno maggiore disponibilità di denaro, investe la gente comune, il professionista, l’artigiano, il giovane, ma anche la brava massaia di un tempo che gioca la sua sommetta di denaro settimanalmente. Sono stati registrati casi in cui giovani artigiani, sin dal mattino, fanno il giro dei locali pubblici dove sono sistemate le macchinette per giocare somme a volte rilevanti. Lo stesso dicasi del giovane commesso che, addirittura si assenta dal lavoro, per andare a giocare, quotidianamente, somme ingenti. Si cita anche il caso di un pensionato che, nel giro di qualche ora, ha perso l’intera pensione al gioco delle “macchinette mangiasoldi”.
Il giocatore d’azzardo manifesta un’avversione per le esperienze ripetitive di ogni tipo. Tende ad assumere un comportamento disinibito per fuggire alla monotonia della vita quotidiana. Esercita un controllo scarso e sempre minore, con il progredire della dipendenza, sui propri impulsi, risultando incapace di considerare le conseguenze future delle proprie azioni. Sperimenta gli effetti dell’astinenza, che scatenano in lui sentimenti di ansia e irritabilità così forti da dover ricercare l’attività di gioco come unico sollievo possibile. Esistono storie familiari e personali molto complesse che portano le persone ad avvicinarsi al gioco d’azzardo, ma anche all’alcol, al fumo o alle droghe illegali. La vicinanza del confine nella facilità di essere irretiti in questo tipo di dipendenza conta molto in quanto maggiore è l’offerta, maggiore è il consumo. Quindi il gioco d’azzardo che si predilige di solito è quello che il mercato “impone”. Si è reso evidente che il concetto di “giocare a soldi” non viene sempre compreso correttamente nel sentire comune e che i giochi largamente diffusi non sono riconosciuti, per diversi motivi, nella loro natura di giochi d’azzardo. I soggetti affetti da questa febbre spesso non percepiscono che la loro attività di gioco rappresenti una vera e propria “malattia”, anche se non organica, e che potrebbe essere curata. Non mettono in discussione il senso del gioco e in questo c’è una differenza con i tossicodipendenti da sostanze stupefacenti che arrivano a scegliere la comunità e si fanno aiutare.
Il giocatore patologico non entra facilmente in un discorso di ricerca di aiuto. Non ha la consapevolezza che in quel momento non c’è in lui una abilità a gestire la vita ordinariamente. Continua a giocare con la speranza di vincere e di cambiare finalmente, prima o poi, la sua vita. Questa situazione distrugge, alcune volte anche le famiglia di appartenenza.
Il giocatore non chiede aiuto finché la propria vita non rimane gravemente compromessa. Orgoglioso e con la vergogna di uscire allo scoperto, pur di onorare il debito di gioco, egli chiede soldi a parenti e amici, e talora finisce preda degli usurai
Il gioco inizialmente rappresenta un’evasione e un modo per esorcizzare le proprie paure, come quella del tempo che passa. Giocare in fondo è molto facile, basta andare nel bar sotto casa o collegarsi dal proprio computer con i siti Internet che permettono di giocare come al Casino. Infatti, se fino a qualche tempo fa esistevano giocatori che si rovinavano con il gioco illegale oggi questo è praticamente scomparso. Ci si può rovinare ugualmente, ma rispettando la legge ed in modo perfettamente legale.
Per quanto riguarda i dati epidemiologici regionali si ha che la suddivisione della spesa economica è sostanzialmente equilibrata tra Nord, Centro e Sud. Tuttavia si osserva il dato sociologico che al Sud il gioco s’incrementa nelle fasi di recessione economica e tende a contenersi nelle fasi di espansione, mentre al Nord accade esattamente il contrario. In Campania il gioco è un’alternativa ad un reddito che non c’è. Quando invece la situazione economica tende a migliorare i comportamenti aleatori vengono ad essere più contenuti. Ciò per ragioni storiche, culturali e anche per un modo di percepire i propri deficit. Quando il campano, ma soprattutto il napoletano, ha dei soldi con questi soddisfa i bisogni primari. Quando non ce li ha, affida alla fortuna la chance che manca con le opportunità di lavoro. Le cifre spese in giochi pubblici dalle famiglie per regione mostrano che c’è una correlazione diretta tra povertà e azzardo, quindi in questo caso non c’è la funzione ludica dell’azzardo. Infatti, se fosse ludica la funzione di questi giochi si dovrebbero registrare comportamenti simili in tutto il Paese, invece ci sono degli abissi: in Valle d’Aosta si spendono 12 euro e 86 centesimi per famiglia all’anno per scommesse sportive, in Campania se ne spendono 135.
Buona parte di questi soldi finisce poi nelle casse dello Stato. Lo Stato incassa moltissimi soldi con il gioco, quasi quanti ne ottiene con una Finanziaria. Le newslot, ad esempio, hanno sostituito i videopoker, ma mentre prima la vincita era in gettoni, per cui serviva la complicità di un barista accondiscendente per trasformarli in denaro, oggi escono direttamente le monete, con la conseguenza che per il giocatore aumenta la dipendenza. _________________________________
Come se la giocano in Campania
La spesa complessiva in Campania nel 2005 per tutti i giochi è di 2 miliardi, 554 milioni e 600 mila euro. Per questa cifra è la terza regione in Italia per la spesa del gioco, superata da Lombardia e Lazio, ma in rapporto al reddito disponibile della popolazione la Campania è al primo posto con 1278 euro e 30 centesimi in media per famiglia all’anno. In particolare la Regione Campania è al primo posto della spesa per famiglia per il lotto, al secondo per le scommesse sportive, al quarto posto per il superenalotto, al primo posto per il bingo e per i big match, al secondo posto per il totocalcio.
È sorprendentemente all’11° posto per le slot machine, mentre è al quinto posto per il gratta e vinci. I dati non sono omogenei in tutta la Regione, per cui, ad esempio, a Napoli si gioca di più che negli altri capoluoghi di provincia.
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Il trattamento multimodale
Nel trattamento multimodale risultano essere efficaci le seguenti attività:
- colloqui di motivazione, con l’obiettivo della costruzione della motivazione al cambiamento, gestendo la resistenza che il soggetto offre e di rafforzare l’impegno al cambiamento;
- la psicoterapia individuale;
- la terapia di coppia, che agisce direttamente sull’equilibrio della coppia;
- la terapia familiare;
- la terapia di gruppo, in cui il paziente giocatore deve presentare una qualsiasi motivazione a smettere di giocare;
- il programma di tutoraggio economico;
- la consulenza psichiatrica;
- la consulenza legale.
Ci sono poi gruppi come i giocatori anonimi (associazione nata a Los Angeles nel 1957, ora diffusa in tutto il mondo, la cui filosofia è simile a quella degli alcolisti anonimi) e i gruppi di sostegno per familiari.
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