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Maggio-Giugno/2006 - Articoli e Inchieste
Islam
Insieme contro il nuovo totalitarismo
di Gianni Verdoliva

Un manifesto, che raccoglie anche le firme
di Salman Rushdie e di Bernard Henry Lévy,
difende la cultura musulmana dalle prevaricazioni
dell’islamismo integralista, e chiede
la solidarietà dei democratici e degli spiriti
liberi di tutte le nazioni


Il “Manifesto contro il nuovo totalitarismo” è ormai conosciuto con il nome di “Manifesto dei 12”. Dal numero dei firmatari che l’hanno creato. Contattandosi, scrivendosi e scambiando le idee. E unendo le forze. Ognuno portando un po’ della propria esperienza. E del proprio coraggio. Perché tanto ce ne vuole per osare dire di no all’oscurantismo islamico e alla confusione delle idee, che purtroppo anche una parte della sinistra “estrema” appoggia.
Puntuale è arrivata la minaccia di morte nei confronti dei dodici firmatari. Lo scorso sabato 11 marzo, il sito islamista britannico ummah.net aveva pubblicato chiare minacce di morte dirette agli autori del manifesto. Peraltro non nuovi a simili esperienze. Taslima Nasreen e Salman Rushdie, i due nomi più famosi dell’elenco, erano già stati oggetto di simili minacce nel passato. Chahla Chafiq, scrittrice iraniana e autrice di “Il nuovo uomo islamista, la prigione politica in Iran” vive in Francia in esilio. Come Mehdi Mozaffari, professore universitario autore di testi sull’ideologia islamica. Ibn Warraq, autore di Leaving Islam, uno dei libri più famosi che raccontano le esperienze di coloro che hanno abbandonato la fede islamica per convertirsi ad un’altra religione, scrive con uno pseudonimo e vive sotto protezione. Come protetta costantemente è Hirsi Ali, la parlamentare olandese di origini somale, sceneggiatrice del documentario Submission, il cui regista Theo Van Gogh, è stato ucciso nelle vie di Amsterdam da un fanatico islamico.
Se non tutti vivono in condizioni estreme, le minacce ricevute hanno obbligato praticamente tutti a modificare le proprie abitudini di vita per ragioni di sicurezza. La canadese Irshad Manji, giornalista e fautrice del Project Ijtihad, teso a riformare la fede islamica, ha fatto installare dei vetri antiproiettile nella sua casa di Toronto, e la ricercatrice francese Caroline Fourest, è stata costretta a cambiare il codice di accesso alla porta della sua abitazione in seguito alla pubblicazione dello stesso su un sito islamista. Pubblicazione accompagnata da un chiaro avvertimento: “Bisogna che la lupa resti nella sua tana”. In difesa dei firmatari del manifesto è stato lanciato un nuovo appello di solidarietà. “Noi, cittadini del mondo e di cultura musulmana, credenti, agnostici, atei o di origini culturali diverse affermiamo il nostro sostegno al principio della libertà di stampa di trattare, anche con humor, gli argomenti riguardanti tutti i sistemi di pensiero, religiosi e non. Affermiamo che nessuna religione può mescolarsi con il diritto di ciascuno e di ciascuna di criticarla. Sosteniamo i giornalisti minacciati e disapproviamo le iniziative di intimidazione dei governi non democratici di esportare la loro confusione tra la sfera privata e la sfera pubblica. Incoraggiamo i democratici e i laici di cultura musulmana a far primeggiare il diritto su un’interpretazione antiquata del’Islam”. Cosi’ recita il manifesto di sostegno. Partito e appoggiato proprio da musulmani. Gli stessi che si sentono minacciati nei loro diritti e nella libertà di espressione dal fanatismo islamico.
D'altronde non è certo la prima volta che un manifesto di tipo progressista era nato in ambito musulmano. In Francia, il paese della legge sulla laicità, era partito il “Manifesto contro l’antisemitismo, la misoginia e l’omofobia e per una laicità vivente”. Due anni fa, tale manifesto aveva asserito, raccogliendo migliaia di firme di sostegno, l’appoggio ai principi della democrazia e della laicità delle istituzioni, l’uguaglianza tra uomini e donne, l’amicizia verso le comunità ebraiche e il rispetto nei confronti di gay e lesbiche.
Tutt’oggi, l’associazione nata da tale iniziativa continua le attività lottando sul terreno delle idee. E fustigando chi, mostrando grave incoerenza, lascia i musulmani progressisti e democratici da soli. Come ha fatto l’algerina Wassyla Tamzali che, dalle colonne di Libération con la sua lettera aperta “Femministe, io vi scrivo da Algeri”, aveva ricordato che le lotte per la contraccezione e l’aborto legali avevano toccato dei punti nevralgici dei dogmi cattolici, chiedendo, ironicamente, “quello che va bene per una religione non va bene per un’altra? Possiamo dire che il pensiero femminista non va bene per le donne musulmane?” Anche Caroline Fourest, giornalista a Charlie Hebdo e autrice di libri di ricerca sull’integralismo cattolico e sui movimenti razzisti in Francia, ha attaccato l’incongruenza di una parte della sinistra con il suo ultimo testo “La tentazione oscurantista”, in cui, riportando, con dovizia di note, dichiarazioni e prese di posizioni della galassia progressista, denuncia come, spesso, in nome dell’antimperialismo, tali gruppi si alleano con le associazioni islamiche. La Fourest, che ha vinto recentemente il premio del libro politico dell’anno in Francia, è stata attaccata dalle colonne di Le Monde da alcuni ricercatori universitari che l’hanno accusata di essere oscurantista. Senza peraltro scendere nel merito e confutare, con dati e informazioni precise, le sue tesi. Un’alleanza di nuovo stampo quindi si sta delineando. I gruppi islamici uniti all’intellighenzia del mondo occidentale. Che intende tacere, bollando con l’accusa di razzismo e di “islamofobia” qualunque dibattito o critica sulla religione. A denunciare l’incongruenza di simili atteggiamenti l’intelletuale ebreo Bernard Henry-Lévy, famoso, oltre che per i suoi testi contro tutti i totalitarismi, per le sue camice bianche, e per essersi recato, rischiando, in Afghanistan. E Maryam Namazie, esule iraniana in Gran Bretagna, scrittrice e produttrice che, nel 2005, è stata nominata “laica dell’anno”. Appoggiati, oltreoceano, da un gruppo di accademici ed intellettuali musulmani canadesi che hanno pubblicato, sul Toronto Star lo scorso 28 febbraio, un nuovo appello. Gli 11 firmatari hanno denunciato la manipolazione relativa alle violenze nel mondo islamico, ricordando quello che ben pochi nella stampa occidentale avevano scritto.
Gli imam danesi fautori delle proteste avevano organizzato dei tour nel mondo islamico per accendere gli animi e spingere alla violenza. Arrivando anche ad aggiungere due vignette false, come ha mostrato la trasmissione francese “Envoyé special”, particolarmente offensive, che mai erano state pubblicate. “Non siate zittiti dagli estremisti”: questo il titolo dell’appello pubblico, firmato da quelli stessi che hanno poi condannato le violenze contro le chiese in Nigeria ed in Pakistan e richiesto la liberazione di Abdul Rahman, l’afghano finito sotto processo perché convertitosi al cristianesimo. Tema questo, caro a Antonie Sfir, libanese e cristiano, direttore di “Les cahiers de l’Orient” e sostenitore accanito della laicità.
Il manistesto dei 12, finora pubblicato in Italia solo da Libero e Sky news, è stato anche citato da Al Jazeera, a riprova che, a volte, i media arabi mostrano più coraggio di quelli occidentali. Coraggio che non è mancato a Philippe Val, direttore di Charlie Hebdo, il primo a pubblicare il manifesto e, prima ancora, le famose vignette danesi, che hanno fatto salire le vendite al punto che, il giorno della pubblicazione, già a metà mattina, in molti chioschi non c’era più una copia disponibile, come racconta il blog progressista Prochoix. Successo mitigato dalle minacce che i gestori di “la Mer à boir” caffè intellettuale nel ventesimo arrondissement di Parigi, hanno ricevuto dal gruppo dei Fratelli Musulmani. Offesi perché il locale aveva esposto disegni satirici sulle religioni, compresa quella islamica. I gestori del locale hanno coperto i disegni con fogli bianchi con la scritta “censurato”. Invitando però i disegnatori e il pubblico in una serata di solidarietà. Rivelatasi un successo.

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Il Manifesto

Dopo aver vinto il fascismo, il nazismo e lo stalinismo, il mondo si trova di fronte ad una nuova minaccia totalitaria globale: l’islamismo.
Noi, scrittori, giornalisti, intellettuali facciamo appello alla resistenza nei confronti del totalitarismo religioso e per la promozione della libertà, delle eguali opportunità e dei valori laici per tutti.
I recenti eventi, accaduti dopo la pubblicazione delle vignette su Maometto nei giornali europei, hanno mostrato la necessità della lotta per questi valori universali.
Questa lotta non sarà vinta con le armi, ma sul campo delle idee.
Non stiamo assistendo ad uno scontro tra civiltà o ad un antagonismo tra ovest e est ma ad una lotta globale tra i democratici e i teocratici.
Come tutti i totalitarismi, l’islamismo si nutre delle paure e delle frustrazioni. I predicatori di odio fanno leva su questi sentimenti al fine di formare dei battaglioni destinati ad imporre un mondo liberticida e discriminatorio.
Ma noi affermiamo con chiarezza e con fermezza: niente, nemmeno la disperazione, giustifica la scelta dell’oscurantismo, del totalitarismo e dell’odio.
L’Islamismo è una ideologia reazionaria che uccide l’uguaglianza, la libertà e la laicità ovunque si manifesti. Il suo successo può solo portare ad un mondo di dominazione: la dominazione dell’uomo sulla donna, e degli islamici su tutti gli altri.
Per contrastare questo dobbiamo assicurare Diritti universali alle persone oppresse o discriminate.
Rigettiamo il “grelativismo universale” che consiste nell’accettare che gli uomini e le donne di cultura musulmana siano privati del loro diritto all’uguaglianza, alla libertà e ai valori laici nel nome del rispetto delle culture e delle tradizioni.
Rifiutiamo di rinunciare al nostro spirito critico per paura di essere accusati di “islamofobia”, un concetto sfortunato che confonde la critica dell’Islam come religione con la stigmatizzazione dei suoi fedeli.
Crediamo nell’universalità della libertà di espressione, in modo che lo spirito critico possa essere esercitato in tutti i continenti, contro tutti gli abusi e tutti i dogmi.
Facciamo appello ai democratici e agli spiriti liberi di tutte le nazioni perché il nostro secolo sia quello della luce e non dell’oscurantismo.

12 signatures

Ayaan Hirsi Ali
Chahla Chafiq
Caroline Fourest
Bernard-Henri Lévy
Irshad Manji
Mehdi Mozaffari
Maryam Namazie
Taslima Nasreen
Salman Rushdie
Antoine Sfeir
Philippe Val
Ibn Warraq


NELLA FOTO: Salman Rushdie

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