Arrivata la sentenza nei confronti dei quattro imputati. Un caso mediatico che è stato spunto di riflessione sull’ergastolo. In aula amici e famigliari. L'amico: «Willy mi ha salvato la vita. Un esempio per tutti noi»

    «Luminoso esempio, anche per le giovani generazioni, di generosità, altruismo, coraggio e non comune senso civico, spinti fino all’estremo sacrificio. Un giovane che con eccezionale slancio altruistico e straordinaria determinazione, dando prova di spiccata sensibilità e di attenzione ai bisogni del prossimo, interveniva in difesa di un amico in difficoltà, cercando di favorire la soluzione pacifica di un’accesa discussione».

    Le parole del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, pronunciate durante il conferimento della medaglia d’oro al Valor Civile alla memoria di Willy Monteiro Duarte, sono emblematiche del caso di omicidio del 21enne picchiato a morte a Colleferro.

    Un omicidio che colpì Colleferro e l’Italia. L’opinione pubblica fu scioccata dalla ferocia dell’aggressione, dalla disparità della violenza. Due anni dopo è arrivata la sentenza: i fratelli Marco e Gabriele Bianchi, Francesco Belleggia e Mario Pincarelli sono stati tutti condannati. I due fratelli all’ergastolo, Bellaggia a 23 anni e Pincarelli a 21 anni di carcere. Disposta anche una provvisionale di 200 mila euro ciascuno per i genitori di Willy e di 150 mila euro per la sorella.

    Il 6 settembre del 2020, alle tre e venti del mattino, Willy Monteiro Duarte viene ucciso a calci e pugni a pochi metri dalla caserma dei Carabinieri di Colleferro. Le urla, più alte del solito, spinsero il Comandante a precipitarsi fuori. «A circa 15 metri dalla stazione, Willy era già a terra, circondato da cinque, sei ragazzi».

    Willy è privo di sensi «che annaspa», stanno cercando di rianimarlo in tutti i modi. Ma «un’acuta insufficienza respiratoria, nonché una lesione del lobo carotideo e del nervo vagale sinistro», stanno uccidendo il ventunenne. Il medico legale, al processo, ha descritto i danni provocati dai colpi subiti. Al volto, al cuore e al collo, così hanno spezzato la vita di un ragazzo che si è solo trovato ad aiutare un amico.

    Il caso

    La pubblica accusa, durante il processo, è riuscita a dimostrare due cose fondamentali: l’intenzionalità con cui i fratelli Bianchi sono arrivati sul posto dell’omicidio e la ferocia ed efficacia con cui hanno colpito Willy. Anche se non tutti i testimoni hanno riportato la stessa versione (la luce era poca) è chiaro che Willy sia morto per la selvaggia serie di colpi ricevuti.

    Ma come si è arrivato a questo punto? La scena avviene fuori dal “Duedipicche”, un bar aperto anche di notte; i protagonisti sono Zurma Federico, amico di Willy, e i due amici Belleggia e Pincarelli. Tra di loro nasce un diverbio per un commento di Pincarelli alla ragazza di Zurma. Già qui si potrebbe commentare con interi trattati di sociologia su come noi umani, in alcuni contesti, ci comportiamo esattamente come primati. Machismo, maschilismo, egocentrismo, mentalità da clan e una costante presenza di superiorità rispetto a chi è diverso; questi i moventi.

    Lorenzo Baldarelli