Forse non tutti si rendono conto della portata degli eventi che stanno, continuamente e velocemente, mutando gli assetti internazionali e dei rispettivi Paesi occidentali. Forse c’è scarso interesse da parte della popolazione, tanta disinformazione e, non ultima, una sempre più netta avanzata dei partiti e movimenti di estrema destra, i quali, nonostante gli inciampi e i continui scandali (non solo in Italia) “reggono bene”, forse fin troppo, e raccolgono consenso. Il tutto avviene senza che ci sia un’adeguata apprensione da parte dell’opinione pubblica. La posta in gioco è il futuro delle nostre democrazie. Non che in passato le democrazie occidentali non abbiano vacillato, anzi, ma mai (questo dobbiamo ammetterlo) si era arrivati a questo punto. In questi mesi estivi che precedono le tante attese elezioni americane, le domande si moltiplicano. Che cosa avverrà in caso di vittoria dei Repubblicani? L’attentato ai danni di Donald Trump sembra un film già visto e più volte riproposto nel corso del ’900, quasi non fa notizia: se non altro mette benzina su un fuoco che divampa da almeno tre anni; all’orizzonte, l’eventuale vittoria del leader repubblicano genera in realtà più preoccupazioni che certezze. Resta inoltre sospesa la posizione dell’Unione Europea, che nel post elezioni ha “contenuto” l’avanzata delle destre a Bruxelles ma, di fatto, rimane un’entità indebolita, divisa e priva di iniziativa, chiusa com’è nel suo ruolo di bell’attrice non protagonista in un film che dovrebbe essere il suo. Tuttavia, qualche segnale positivo lo abbiamo visto nel nostro Vecchio Continente. In Francia, contro ogni aspettativa, al ballottaggio il popolo transalpino e il Fronte delle sinistre hanno “fermato” il favoritissimo partito di Marine Le Pen e Jordan Bardella. Fermato, badate bene, non “neutralizzato”. Permangono due dati ineludibili: da un lato, l’impossibilità per Melenchon e alleati di costruire una solida maggioranza di governo, dall’altro (ed è il dato più inquietante) Rassemblement National ha ottenuto 143 seggi, un risultato senza precedenti che, al di là della recente sconfitta elettorale, segna l’ingresso a pieno titolo del partito nel vivo della politica nazionale francese. Un futuro politico incerto, dunque, per i nostri cugini d’oltralpe, ai quali molti di noi stanno comunque guardando con speranza e ottimismo, almeno per un motivo: i francesi hanno dimostrato, tornando al voto (registrando al secondo turno un’affluenza inimmaginabile per l’Italia di oggi, il 66,63%!), che la democrazia si può salvare, proteggere, e il mezzo più efficace resta quello della partecipazione alle urne. Un discorso vecchio come il cucco, certo, per alcuni magari politicamente ingenuo, ma resta un dato di fatto che nell’ottobre del 2022, a 100 anni di distanza dalla marcia su Roma, gli italiani sono venuti meno a quella chiamata. Oggi, dopo 20 mesi di governo, ci troviamo a fare i conti con la storia. Attenzione, il voto non è assolutamente l’unico strumento per tutelare la nostra democrazia. Dobbiamo metterci del nostro, tutti, in ogni campo, Ne approfitto dunque per complimentarmi con la redazione di Fanpage per la straordinaria e coraggiosa inchiesta sulla, direi, imbarazzante realtà di Gioventù Nazionale. A chi li critica, in special modo ad alcune testate così poco “performanti” sul piano (tanto dibattuto) della deontologia giornalistica, consiglio vivamente di prendere esempio da questi valenti colleghi e colleghe: in un Paese che vuole ancora dirsi democratico, il giornalismo è questo, deve fare questo. Per concludere, il numero scorso lo abbiamo dedicato al caso Assange e mentre andavamo in stampa è sopraggiunta (in maniera tanto improvvisa quanto da noi auspicata) la notizia della sua liberazione. Qualche generoso Lettore ci ha dato dei “profetici”. Che dire? Magari! Ci auguriamo allora che ogni numero possa essere profetico… ma rimaniamo coi piedi per terra, anche perché la terra scricchiola e parecchio.
Il direttore
Ugo Rodorigo