Aumentano a migliaia le vittime senza protezione mentre diminuiscono gli ispettori del lavoro e i fondi per i controlli. Dov’è la sicurezza?

Senza parlare del passato, la constatazione più sconcertante è che dal 1981 (l’anno della riforma 121) c’è stato un progressivo indebolimento se non smantellamento delle agenzie di prevenzione e controllo e di quel briciolo di operatori delle forze di polizie che si occupano di prevenzione e controllo degli incidenti sul lavoro, malattie professionali, rischi di disastri sanitari e ambientali, supersfruttamento brutale e persino criminale.
In effetti, quella riforma aveva ignorato questa questione che invece è cruciale ed è diventata drammatica. Per esempio si mancò di stabilire che regolarmente dappertutto le forze di polizia nazionali e locali dovrebbero attuare operazioni interforze insieme alle agenzie di prevenzione e controllo (ispettorati del lavoro, ispett. Inps, ASL, Inail, rappresentanti sindacali ecc.) per la tutela della legalità e quindi della sicurezza sul lavoro e contro i rischi sanitari, ambientali ed economici.

Solo nel 2021 i dati ufficiali Inail -per difetto- censiscono 1.221 morti e 555.236 denunce di infortunio sul lavoro e le patologie di origine professionale denunciate, che sono state 55.288, +22,8%. A questi fatti si aggiungono centinaia di casi di vittime di supersfruttamento brutale (vedi dopo) nonché di disastri ambientali e il numero enorme di morti per malattie da contaminazioni tossiche (da circa 650 mila l’anno prima del Covid a oltre 750 mila a seguito del Covid).

Come recentemente hanno denunciato gli ispettori del lavoro (cfr. Il Fatto Quotidiano, 29/04/2022), gli operatori del nuovo Ispettorato nazionale del lavoro (INL), istituito con la riforma del 2015 per unificare tutta la vigilanza, compresa la materia di Inps e Inail, che da allora non possono più assumere nuovi ispettori, non solo non riescono a funzionare ma sono ridotti a meno di 200 in tutta Italia (prima di questa riforma l’Inail aveva 470 ispettori).

L’Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps) aveva 1.600 ispettori e oggi ne conta 970, con altri 200 in attesa della pensione entro l’anno. Lo stesso Ispettorato nazionale del lavoro, creato nel 2016 per ricondurre tutta l’attività ispettiva sotto il controllo del ministero del Lavoro, dai 6.500 ispettivi di sette anni fa è passato ai 4 mila di oggi.

«Negli uffici territoriali la carenza di organico è incredibile: non riusciamo a evadere le richieste del mondo produttivo e anche il personale amministrativo è ormai all’osso, così gli ispettori non escono per i controlli perché devono stare in ufficio a seguire la parte amministrativa (le scartoffie e le comunicazioni al ministero che spesso si fanno ancora via fax). È vero che a maggio è previsto l’innesto di 1.900 nuovi ispettori ordinari dell’Ispettorato nazionale del lavoro, ed entro la fine dell’anno di altri 1.174 ispettori tecnici (sarà così?). Ma il rischio di assumere persone del tutto incompetenti è sfacciato: si accetta una qualunque laurea triennale. La transizione delle competenze non funziona e i rischi di una proliferazione dei danni sono altissimi. Nel 2015 un ispettore Inps accertava elusione contributiva per oltre un milione di euro l’anno» ha affermato Alessandro Menini, segretario nazionale Confsal Unsa Inps).

Negli ultimi anni si ha un danno di decine di miliardi «perché ai mancati accertamenti bisogna sommare anche gli effetti indiretti del blocco dell’attività criminosa sulle casse pubbliche, che valgono dieci volte l’attività ispettiva».

Si pensi all’evasione fiscale e contributiva connessa al lavoro nero nell’universo delle economie sommerse; da decenni le autorità dicono che la lotta contro questo sfacelo è una delle priorità; ma nessun governo ha mai approntato un vero e proprio programma di risanamento delle economie sommerse. Un tale programma potrebbe avere successo solo se si regolarizzano tutte le posizioni irregolari sia dei lavoratori che dei datori di lavoro e quindi a condizione che le vittime siano effettivamente tutelate (le polizie dovrebbero prestare una particolare attenzione a questa opera).

Dopo la riforma del 2015 si ha il paradosso di avere meno qualifiche e più competenze: «Cosa può fare un qualunque laureato senza la benché minima conoscenza, non diciamo competenza, di cosa sia un rischio chimico, fisico, biologico e di tutti i rischi presenti nell’ambiente di lavoro ivi compresi quelli trasversali, organizzativi o psicosociali?»

Gli ispettori tecnici sono appena 180 in tutta Italia. Questo è in sintesi il quadro! Perché?

«Probabilmente ci si vuole accontentare di una qualità inferiore dei controlli». Come afferma un’ispettrice del lavoro: «La conseguenza è uno Stato più debole nei confronti dell’illegalità, puro e semplice».

 Salvatore Palidda