Dal rapporto tra “sapere e cultura” della polizia alla nascita del “policing” populista ai tempi della pandemia. Alcune riflessioni sull’ultimo libro di Vincenzo Scalia

Il libro di Vincenzo Scalia, dal titolo “Incontri troppo ravvicinati? Polizia, abusi e populismo nell’Italia contemporanea” (Manifestolibri, 2022), si colloca sulla scia di una produzione scientifica non molto cospicua nel nostro Paese, dove il tema della “polizia”, anche nell’ambito della ricerca universitaria, non è mai stato particolarmente attenzionato.
I motivi sono ancora quelli indicati da Salvatore Palidda in un testo uscito nel 2000 (“Polizia postmoderna: etnografia del controllo sociale”, Feltrinelli): in Italia ci si è concentrati più sulla storia della polizia come istituzione, su ricerche “per la” polizia o “della” polizia, anziché “sulla” polizia.
In un mio lavoro del 2018 (“Critica della folla”, Pearson) riporto alcune difficoltà del fare ricerca, per esempio, sul rapporto tra folla e polizia in Italia. Si tratta di difficoltà che poi implicano per chi studia i fenomeni sociali la necessità di riarticolare i propri percorsi di analisi. Tale problema presenta forse degli aspetti specifici legati al caso italiano, ma è comunque avvertito anche in altri paesi – soprattutto in quelli che adottano un “modello continentale” di polizia (pp. 14-21): le stesse considerazioni si ritrovano infatti nella ricerca di Didier Fassin, “La forza dell’ordine. Antropologia della polizia nelle periferie urbane” (Edizioni La linea), incentrata sul caso francese.

Sabina Curti – Università degli Studi di Perugia