Di criticità di cui parlare, ormai, abbiamo fatto il pieno; c’è tuttavia un aspetto che più di altri contraddistingue la fase che stiamo vivendo ed è la “decadenza” del dibattito pubblico, in primo luogo quello politico. Non parliamo soltanto della classe politica (maggioranza o opposizione che sia) perché, questa, altro non è che un prodotto dei nostri tempi, il frutto di un lento cambiamento del linguaggio politico ai livelli più bassi della società.

Di cosa stiamo parlando? Della politica “di strada”, territoriale, quella che una volta si faceva nelle sezioni di partito, nei luoghi di cultura, nei comitati, ovunque potesse scaturire un dibattito. A cosa stiamo assistendo in questi primi decenni del Duemila? Innanzitutto la maggior parte dei giovani neanche si interessa al dibattito pubblico: colpevoli, questi ragazzi, del loro disinteresse; vittime designate, però, alla rassegnazione e alla totale mancanza di fiducia nei confronti delle Istituzioni e di chi li rappresenta.

Parliamo anche di quei pochi che, invece, ancora si cimentano con la politica del territorio e, piano piano, avanzano nelle gerarchie dei loro partiti di riferimento. Rivolgendomi specialmente all’ormai fumoso “mondo” del centrosinistra: che politica perseguite? Come state parlando alla gente?

Accolgo la provocazione di Bersani, quella del “Bar Italia”, immagine che ben sintetizza la modalità con cui si costruisce un certo modo di fare politica al giorno d’oggi. L’ammonimento dell’ex segretario del PD non era solo rivolto ai “frequentatori del Bar Italia” (tra i quali pone, ironicamente, lo stesso generale Vannacci) bensì “ai suoi”, ossia a questa spenta sinistra, quasi inerme, che non riesce a replicare neanche sul piano della dialettica, dai media puntualmente ridimensionata e, in alcuni casi, quasi derisa proprio sulla questione del linguaggio, ritenuto dai più ormai incomprensibile.

Da tempo, ormai, molti italiani frequentano il “Bar Italia”, dove il messaggio (guarda caso) arriva sempre semplice, asciutto… ed è proprio lì, come ha voluto ironicamente sottolineare l’ex segretario, che bisogna tornare a “fare politica”. Possibilmente, aggiungo io, senza scadere a quel livello.

Non è, tutto sommato, questo il “fare politica”? Mi si conceda una banalità: quasi rimpiangiamo le dolorose politiche di “compromesso” del secolo scorso; all’epoca facevano discutere, certo, oggi sarebbero oro colato. Approfittando dell’argomento, dedico un paio di righe all’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, scomparso lo scorso 22 settembre. Un personaggio, anche lui, che ha fatto discutere, sia all’interno del PCI che nella Seconda Repubblica, ma sicuramente una figura di spessore, uno che tutto gli si poteva dire, meno che non sapesse “fare politica”. Di questi tempi oro colato, si.

Il direttore
Ugo Rodorigo