Il 29 luglio 1983 Cosa nostra uccideva con un’autobomba il Capo dell’ufficio istruzione del Tribunale di Palermo. Nella strage di via Pipitone Federico rimasero uccisi anche due carabinieri della scorta e il portiere dello stabile dove abitava il giudice. Intervista al nipote Simone Averna Chinnici, funzionario della Polizia di Stato

Fu l’ideatore del primo embrione di pool antimafia, la guida di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino, l’innovatore dei metodi d’indagine, l’investigatore lungimirante e laborioso. Un baluardo di legalità che non indietreggiò mai, neppure dinanzi alle esplicite minacce di morte («Il nostro tribunale ha deciso che lei deve morire e l’ammazzeremo dovunque lei si trovi»). In un’intervista, al giornalista che gli chiese quale fosse il dovere di un magistrato, rispose: «È quello di fare, di lavorare».

Rocco Chinnici, 58 anni, consigliere istruttore dirigente dell’ufficio istruzione del Tribunale di Palermo, venne assassinato da Cosa nostra una mattina d’estate mentre stava uscendo di casa per recarsi in ufficio, al Palazzo di Giustizia, a compiere il proprio dovere. Per ammazzarlo i mafiosi usarono un’auto imbottita di esplosivo. Misero la carica di tritolo nel cofano anteriore di una Fiat 126 verde – rubata due giorni prima nel quartiere Uditore al titolare di un’autoscuola e parcheggiata, nelle 5-6 ore precedenti l’attentato, vicino al portone d’ingresso dello stabile dove il giudice viveva – e la attivarono a distanza con un telecomando …….

di Marco Scipolo