Se in farmacologia il termine “assuefazione” viene definito come il complesso dei comportamenti e cambiamenti fisiologici che si associano all’uso delle droghe, possiamo allora provare a definire il concetto di “assuefazione mediatica” come il complesso dei comportamenti e cambiamenti psicologici che si associano all’utilizzo dei principali canali di informazione e comunicazione.

Il concetto, da un punto di vista scientifico, probabilmente neanche esiste (o, magari, ha una definizione differente) ma il problema è abbastanza evidente: da due anni a questa parte stiamo vivendo una serie di drammi e di crisi tali da indurci a pensarli come eventi ormai “normali”, quotidiani, verso i quali non possiamo nascondere un alto livello di assuefazione. E qui si nasconde un pericolo ancora più grande, ossia quello di non percepirli, capirli e affrontarli nel migliore dei modi.

Prendiamo ad esempio il conflitto ucraino. Anche un utente più “distratto” si sarà accorto come il tema abbia gradualmente perso la sua centralità a livello mediatico; eppure il problema è ancora lì e, anzi, sta entrando nel vivo della sua criticità. I media nostrani e stranieri, ovviamente, hanno una grossa responsabilità. Il gonfiare e sgonfiare una notizia, in base a logiche più di tendenza (o di algoritmi), equivale a distorcerla, a metterne in ombra gli aspetti più importanti, lasciando sul piatto dell’informazione soltanto lo strato più superficiale.

Noi crediamo ancora nell’Informazione – quella con la “I” maiuscola – quella genuina, che risponde alle più ovvie domande del cittadino. Non è la tendenza dei social a ordinare gerarchicamente le notizie, semmai dovrebbe accadere il contrario.

Si parla tanto del fenomeno delle “baby gang”? Siamo andati a parlare con gli esperti e gli addetti ai lavori, per scoprire che c’è tanto allarmismo e poca comprensione del fenomeno. Si parla di incontrollati flussi migratori alle nostre frontiere? Siamo andati a chiedere come si vive nei campi profughi, per scoprire che i diritti umani, anche alle porte dell’Europa, sono un lusso riservato a pochi. Si parla sempre più di crisi climatica? Siamo andati a vedere chi sono i nuovi movimenti ecologisti, scoprendo come tale allarme sia veramente poco sentito da chi, invece, dovrebbe fare qualcosa di concreto per l’ambiente…

Credere nella democrazia significa anche portare avanti un’informazione credibile, consapevole, libera dalle logiche perverse che hanno stravolto il mondo della comunicazione. Noi ci proviamo e continueremo a provarci. Ma una cosa è certa: il nostro lavoro non porta assuefazione.

Il direttore
Ugo Rodorigo