Nasceva 100 anni fa Michele Campanella, il comandante “Gino” della brigata Severino, medaglia d’argento al valor militare per la Resistenza, che partecipò alla liberazione di Genova e si arruolò in Polizia adoperandosi per la sua riforma e la costituzione del Siulp

Dal fazzoletto rosso del partigianato alle mostrine della Polizia. Un secolo fa, il 1° maggio 1922, nasceva a Genova da famiglia antifascista e operaia Michele Campanella, mitico comandante garibaldino nella Resistenza ligure, pluridecorato, che svolse anche attività di polizia partigiana e poi entrò nel Corpo delle guardie di pubblica sicurezza (l’attuale Polizia di Stato) fino a diventarne generale. Una figura eroica della guerra al nazifascismo – è tra i protagonisti dell’insurrezione e della liberazione di Genova – ardimentosa pure nel dopoguerra, contro diversi tipi di criminalità, con la divisa da poliziotto in un’istituzione che contribuì a riformare, cooperando anche alla creazione del primo sindacato di Polizia, il Siulp (Sindacato italiano unitario dei lavoratori della Polizia), al quale aderì.

Michele Campanella, che a 19 anni si iscrive al partito comunista italiano, già in giovane età viene fermato in varie occasioni dalla polizia politica fascista. Durante la Seconda guerra mondiale, è arruolato nella Regia Marina nella quale viene impiegato nel Mar Adriatico, a bordo di un’imbarcazione militare, a controllare le coste istriano-dalmate. Al tempo dell’Armistizio (8 settembre 1943) si trova a Spalato e, insieme ai suoi commilitoni d’equipaggio, nei giorni di grande incertezza e disorientamento torna in patria sbarcando sulle coste marchigiane. Rientrato a Genova, non perde tempo e riallaccia i rapporti con elementi che si oppongono al regime. Con alcuni amici comincia ad impegnarsi in attività di propaganda clandestina contro fascisti e nazisti. Concorre al recupero e al nascondimento di munizioni e armi. È l’inizio della sua Resistenza. Campanella fa il suo ingresso nella banda partigiana di Cichero (frazione ai piedi del monte Ramaceto e nido dei “ribelli” presso il “Casone dello Stecca”; Stecca è il contadino residente in località Gnorecco di Cichero che mette a disposizione il casone e che, in situazioni di pericolo, ha il compito di dare l’allarme colpendo il cavo della teleferica, utilizzata per i rifornimenti, collegata alla base partigiana) poi trasformatasi in Divisione garibaldina, comandata militarmente nella VI Zona operativa – sulle alture del Genovesato, nell’entroterra chiavarese fino in Val d’Aveto – da Aldo Gastaldi, il leggendario, carismatico ed audace partigiano cattolico “Bisagno” (nome di battaglia mutuato dall’omonimo torrente genovese), conosciuto come “primo partigiano d’Italia”, nonché medaglia d’oro al valor militare alla memoria. Si tratta della compagine nota per il “Codice Cichero” – un insieme di regole comportamentali, caratterizzate da rigore morale, onestà, disciplina, servizio, rispetto e condivisione, che i partigiani si autoimposero – e per la realizzazione di un’ampia zona libera, la cosiddetta “Repubblica partigiana di Torriglia”. Su “Bisagno”, Campanella in un’intervista affermò: «Anche se lui, a differenza di noi, era un cattolico praticante, era un amico, un compagno nostro, portava un fazzoletto rosso come noi e cantava le nostre canzoni».

 Marco Scipolo