Il contributo delle tre armi alla tutela della sovranità interna della Repubblica italiana, tra storia, diritto e attualità

«Regione: “Esercito a bordo dei treni a rischio”»; «La sicurezza nei giorni di festa. In centro arrivano i paracadutisti». Questi sono solo due dei titoli che nel dicembre del 2021 sono apparsi sui quotidiani nazionali e che offrono lo spunto per affrontare il tema del supporto delle tre Armi nella tutela della sovranità interna della Repubblica italiana.

Qualche precisazione preliminare

Prima, però, di entrare negli aspetti storici e giuridici della questione, è opportuno ricordare qualche caso di militarizzazione e smilitarizzazione di alcuni settori della pubblica amministrazione del nostro Paese.
Iniziamo dalla Guardia di finanza, a tutt’oggi forza armata autonoma. Gli appartenenti a questo corpo (ed alle altre forze dell’ordine) erano pagati male ed una loro elevazione al rango di militari avrebbe portato degli indubbi vantaggi stipendiali. Poiché, però, l’ingresso delle Fiamme gialle nelle Forze armate avrebbe provocato aggravi di bilancio, la militarizzazione avvenne a tappe: nel 1881 la legge 149 dell’8 aprile, oltre a mutare la denominazione della Guardia doganale nell’attuale, stabilì (art. 5) l’appartenenza della Guardia di finanza alle Forze armate, seppur limitatamente ai periodi bellici; nel 1892, con il regio decreto 99 del 27 marzo, le distinzioni gerarchiche allora correnti delle Fiamme gialle furono parificate con i gradi militari, caratteristici dell’Esercito e della Marina, con la conseguente adozione degli stessi distintivi di grado; nel 1906 la legge 367 del 19 luglio portò alla creazione di un Comando a livello centrale retto da un generale del Regio Esercito; l’anno successivo, con il decreto 556 del 14 luglio, il corpo ottenne l’uso delle stellette a cinque punte sulle divise (divise grigioverdi, dal 1908 indossate da tutti i militari dell’Esercito); infine, nel 1923, con il regio decreto 1281 del 4 giugno, la Guardia di finanza divenne una forza armata autonoma. Lo status militare della “Arma dotta” sarà poi ribadito dal regio decreto 1643/1930, dall’art. 1 della legge 189/1959 e, implicitamente, dalla Corte costituzionale con diverse sentenze, dalla n. 29 del 10 febbraio 1981 alla n. 35 del 3 febbraio 2000.

Antonio Mazzei