L’assemblea di Empoli del 1975 rappresenta una delle tappe fondamentali sulla strada che portò alla Riforma; oggi su quelle idee di solidarietà e unità prevale la frammentazione sindacale

Il 7 febbraio 1975 a Empoli, nella sala del palazzo delle esposizioni, si riuniscono più di mille lavoratori della Polizia giunti da tutta l’Italia; partecipano anche sindacalisti di CGIL CISL e UIL e rappresentanti di consigli di fabbrica. Vengono ricordati Leonardo Falco e Giovanni Ceravolo, i due poliziotti assassinati il 24 gennaio da Mario Tuti, e vengono approvati i dieci punti che formalizzano l’esigenza di cambiamento.

  1. a) l’istituto di Polizia deve essere inteso come organizzazione civile, a particolare stato giuridico, al servizio della legge e come strumento di tutela della Costituzione e delle strutture dello Stato democratico. La sua riforma deve essere inquadrata nell’ambito di una razionale ridistribuzione dei compiti tra tutte le Forze di Polizia e di un reale coordinamento delle stesse;
  2. b) l’azione della Polizia deve essere sempre caratterizzata dalla più assoluta indipendenza e nulla dovrà essere fatto a beneficio esclusivo di un partito, di una ideologia o di una fazione di cittadini a danno degli altri;
  3. c) abrogazione dei decreti 31 luglio 1943, n. 687 e 24 aprile 1945, n. 205 sulla militarizzazione del Corpo, quale necessaria e logica conseguenza della riforma che deve prevedere un nuovo ordinamento di tutti i dipendenti civili e militari della P.S., nonché la contestuale costituzione di un nuovo ed unico ruolo direttivo, nel quale potranno confluire gli ex funzionari di P.S. e gli ex Ufficiali del Corpo di P.S., senza alcuna discriminazione;
  4. d) istituzione di criteri per la progressione di carriera del personale a tutti i livelli, ispirati al concetto che chi merita e vale deve avere il diritto di sviluppo nella carriera, mentre a tutti deve essere assicurata un’equa progressione economica ed un conseguente ed adeguato trattamento pensionistico con salvaguardia dei diritti acquisiti;
  5. e) inserimento della Polizia femminile a tutti i livelli della nuova organizzazione, con totale equiparazione di funzioni, di trattamento economico, normativo e di carriera, rispetto ai pari-grado di sesso maschile;
  6. f) radicale riorganizzazione dell’istituto che si basi su un ampio decentramento, l’istituzione o il potenziamento dei commissariati di quartiere o dei posti di Polizia, la presenza capillare del tutore della legge, in modo da stabilire un rapporto nuovo di collaborazione tra il cittadino e il poliziotto, così da non esaltare soltanto il compito di repressione e di controllo, ma soprattutto di prevenzione;
  7. g) trasferimento dei compiti burocratici ed amministrativi non di stretta pertinenza della P.S. agli enti locali ed alle amministrazioni periferiche dello Stato;
  8. h) divieto di impiego del personale in compiti estranei alle funzioni di Polizia;
  9. i) riforma del reclutamento e delle scuole di Pubblica Sicurezza; promozione di tutte quelle iniziative che garantiscono un alto livello di qualificazione e specializzazione professionali;
  10. l) riconoscimento delle libertà sindacali con quelle modalità dettate dalla peculiarità delle funzioni esercitate, tra cui il non ricorso allo sciopero. Formazione -sulla base suindicata- di Comitati Provinciali, Regionali e Nazionali che si propongono la costituzione di un sindacato unitario di Polizia, aderente alla Federazione CGIL, CISL e UIL

Massimo Buggea