L’INPS non applica in modo uniforme il doppio calcolo di cui ai commi 707 e 708 dell’art.1 della legge 190/2014 creando così ingiuste sperequazioni di trattamento tra lo stesso personale

Giuseppe Chiola

Nei decreti di pensione liquidati dall’INPS al personale della Polizia di Stato, soggetto al calcolo con il sistema misto, perché in possesso di anzianità contributiva inferiore ai 18 anni alla data del 31 dicembre 1995, è stato riscontrato un errore nel calcolo della percentuale di pensionabilità relativa alla quota maturata nel sistema retributivo alla stessa data del 31 dicembre 1995.
Esempio: ad un Dirigente Superiore, cessato dal servizio nel mese di novembre c. a., con anzianità contributiva di 13 anni e 10 mesi alla data del 31 dicembre 1995, è stata riconosciuta una percentuale di pensione del 31,861%, invece, a norma dell’art. 44 del DPR 1092/73, la giusta percentuale di pensione spettante è pari al 32,277 % (13 x 2,333% + 10/12 di 2,333%). La differenza del 0,416%, computata sulla retribuzione pensionabile annua e sull’importo dei sei scatti stipendiali, comporta una differenza annua lorda, per il Dirigente di cui all’esempio, di 477,94 euro, comprensiva della 13° mensilità.
Il problema è stato già segnalato, per quanto di competenza, ai funzionari degli uffici provinciali dell’INPS e anche alle rispettive Prefetture, Gli stessi sostengono che l’errore di calcolo potrebbe essere dovuto ad un’errata impostazione del programma utilizzato a livello nazionale, quindi impossibilitati ad intervenire autonomamente per le dovute correzioni. Hanno promesso, però, che avrebbero segnalato la questione alla Direzione Nazionale dell’Istituto.
Il danno economico derivante da tale errore effettivamente non è eccessivo, va dai 150,00 euro annui circa lordi per una qualifica più bassa, ai 500,00 euro circa per una qualifica dirigenziale, a seconda della posizione contributiva dell’interessato. Tuttavia poiché l’errore è presente anche nel nuovo programma INPS “Nuova Passweb”, attuato dal 1° gennaio 2019 (circolare INPS n. 115/2018), ed investe migliaia di pensionati in tutto il territorio nazionale, già fortemente penalizzati dal calcolo della pensione con il sistema misto (contributivo dal 1° gennaio 1996) e dalla mancata attuazione delle norme relative alla pensione integrativa, si ritiene che la questione vada affrontata e risolta.
Inoltre si segnala che con la legge 214/2011 (legge Fornero), come è noto, è stato previsto il sistema contributivo pro-rata per tutti (c.d. misto), retributivo fino al 31 dicembre 2011 e contributivo dal 1° gennaio 2012 fino alla data della cessazione dal servizio, anche per quel personale che alla data del 31 dicembre 2011 aveva già raggiunto la massima percentuale di pensione (80% della base pensionabile annua) con il vecchio sistema di calcolo……… (LEGGI ARTICOLO COMPLETO: ABBONATI).

Malgrado la numerosa Giurisprudenza che sancisce la non ripetibilità delle somme indebitamente attribuite sui trattamenti pensionistici, in assenza di dolo del pensionato, l’INPS continua a richiedere la restituzione delle somme percepite e non dovute

La questione interessa tutti quei dipendenti dello Stato e degli Enti locali che per anni si sono visti erogare un trattamento di quiescenza “provvisorio” in attesa che le rispettive amministrazioni provvedessero ad effettuare il calcolo del trattamento definitivo di quiescenza così come previsto dall’art. 162 del D.p.r. 1092/73.
All’atto della determinazione della pensione definitiva, infatti, accade molto spesso che l’amministrazione, in fase di calcolo a conguaglio rileva un importo minore dell’assegno di quiescenza già erogato, seppur a titolo provvisorio, con la conseguente richiesta da parte dell’INPS di somme indebitamente percepite.
Sono moltissimi i contenziosi instauratosi innanzi alla Magistratura competente la quale ha portato, in modo unanime, alla definitiva pronuncia della non ripetibilità delle somme non dovute e corrisposte in assenza di dolo da parte dell’interessato (vedi tra le tante le Sentenze della Corte dei Conti a Sezioni Riunite n. 7 del 2007 e n. 2/2012 QM del 23 maggio 2012; le Sentenze della Corte di Cassazione n. 482 dell’11 gennaio 2017 della Sezione lavoro, n. 3215 del 9 febbraio 2018 e n. 28771 del 9 novembre 2018; nonché la recente Sentenza della IV Sezione Civile del Tribunale di Roma n. 5585 del 24 settembre 2020)…….. (LEGGI ARTICOLO COMPLETO: ABBONATI).

Chiarimenti sulla nota n. 555/RS/39/9 del Ministero dell’Interno, relativa alla Sentenza 1231/2019 del Consiglio di Stato, diretta alla Segreteria del Sindacato di Polizia F.S.P.

Il Consiglio di Stato, con Sentenza di cui in premessa ha riconosciuto ad un Prefetto, cessato dal servizio a domanda nel 2011 con più di 35 anni di anzianità contributiva e 55 anni di età, il diritto al computo dei 6 scatti stipendiali nel calcolo dell’indennità di fine servizio, ai sensi dall’art. 21 della legge n. 232/90.
Premesso che i 6 scatti nel calcolo della buonuscita, di cui all’art 6 bis della legge 8742/87, come modificato dall’art. 21 della legge 232/90, al comma 2 prevedeva: «Le disposizioni di cui al comma 1 (personale che cessa dal servizio per limiti di età, fisica inabilità o decesso) si applicano anche al personale che chieda di essere collocato in quiescenza a condizione che abbia compiuto i 55 anni di età e trentacinque anni di servizio utile; la domanda di collocamento in quiescenza deve essere prodotta entro e non oltre il 30 giugno dell’anno nel quale sono maturate entrambe le predette anzianità».