L’allarme del presidente della Corte d’appello. La convivenza tra proiezioni di mafie tradizionali e organizzazioni autoctone di tipo mafioso. Gli affari illeciti nella Capitale, nel litorale romano e nel basso Lazio

Le mafie potrebbero aver già messo gli occhi sui fondi per il Pnrr e per il Giubileo del 2025. La preoccupazione è stata manifestata, il 28 gennaio scorso durante la cerimonia d’inaugurazione dell’anno giudiziario, dal presidente della Corte d’appello di Roma Giuseppe Meliadò: «Gli stanziamenti miliardari previsti per la realizzazione degli obiettivi del Pnrr e le ingenti risorse che affluiranno a Roma in vista del Giubileo rendono concreti il pericolo di possibili infiltrazioni della criminalità organizzata. Una macchina burocratica lenta e farraginosa è il principale terreno di coltura di tali pericoli. Un virtuoso equilibrio tra celerità, trasparenza nell’affidamento delle risorse ed effettività dei controlli, specie preventivi, ne è il principale antidoto».

Nel suo intervento Meliadò, riferendosi all’ambito penale, ha anche affermato che la magistratura giudicante e requirente romana ha continuato a fronteggiare nel 2022 «una criminalità variegata ed articolata, che per lungo tempo, bisogna ricordarlo, è stata minimizzata e sottovalutata, specie nei risvolti associativi e nei collegamenti criminali nazionali e sovranazionali, esaltandone piuttosto i tratti più strettamente urbani e metropolitani», precisando: «La verità è che le inchieste degli ultimi decenni hanno dato riscontro a quello che Leonardo Sciascia nel 1961 definì come “la profezia della palma” e cioè che la mafia, al pari della palma che ogni anno risale le latitudini, avrebbe risalito la Penisola fino ad occupare i territori per tradizione e storia immuni dal metodo mafioso. Il numero dei processi con oltre 30 imputati celebrati nell’anno decorso testimonia il peso crescente assunto nel distretto dai reati associativi e di criminalità organizzata, così come vanno ricordati i grandi numeri della sezione misure di prevenzione che gestisce il 39% dei beni sottoposti a confisca nell’intero Paese».

Marco Scipolo