Inps pensione cartelle previdenziali istituto nazionale previdenza sociale

Le disuguaglianze sociali nel nostro Paese aumentano sempre più, anche in un momento particolarmente difficile come quello che stiamo vivendo a causa della grave pandemia

Nell’ultimo biennio per il personale in quiescenza sono stati previsti aumenti del 1,1% per l’anno 2019 e dello 0,4% per l’anno 2020. Per i pensionati gli aumenti perequativi, ai sensi della normativa vigente, vengono applicati in misura decrescente sulla base degli scaglioni di reddito. Ad esempio: un pensionato che al 31 dicembre 2018 percepiva una pensione medio-alta, 5.000,00 euro mensili lordi (superiore a nove volte il minimo INPS), nel 2019 ha avuto un aumento dello 0,44% (40% del 1,1%), in pratica 20,20 euro mensili lordi, e nel 2020 dello 0,16% (40% dello 0,4%), ossia 7,39 euro mensili lordi, per un totale di aumento nel biennio di 27,59 euro (16,28 netti). Addirittura 2,58 euro al mese per i pensionati al minimo INPS.
Per l’anno 2021, poi, nessuna rivalutazione (vedi DPCM del 16/11/2020 – in G.U. n. 292 del 24 novembre 2020). In realtà per l’anno 2021 l’ISTAT ha accertato un tasso di inflazione negativo pari a meno 0,3%, per cui i pensionati dovrebbero ridare indietro qualcosa ma per il momento questo non accadrà in virtù del generale principio del divieto di “rifomatio in pejus”, vigente nel nostro ordinamento. In compenso, gli stessi pensionati, dall’inizio del prossimo anno avranno un recupero dello 0,1%. Infatti l’ISTAT, in via definitiva per l’anno 2020, ha accertato la percentuale dello 0,5% anziché quella dello 0,4% che era stata attribuita in via previsionale. Per questo motivo il pensionato dell’esempio di cui sopra avrà un aumento dello 0,04% (40% dello 0,1%), in pratica 1,84 euro mensile lordo, con 23,92 euro lordi di arretrati.

Giuseppe Chiola