La “risposta paradossale” del Governo alla tragedia di Cutro. Riportiamo un contributo dell’associazione Magistratura democratica

La riforma andrà a colpire persone che in Italia lavorano con contratti regolari, hanno un’abitazione e spesso avevano trasferito qui anche la famiglia. Persone, insomma, ormai parte integrante del sistema sociale del nostro Paese. La riposta ai morti di Cutro non è stata una rivisitazione critica della ratio punitiva e respingente che ha governato le politiche migratorie, ma si propone di estromettere queste persone dal sistema legale, impedire loro – nella volontà del Governo – di chiedere un permesso per protezione speciale.
La conseguenza immediata potrà essere quella di produrre un esercito di irregolari che non potranno essere allontanati, in mancanza di accordi per il rimpatrio con la maggioranza dei paesi dai quali provengono e che andranno ad alimentare il mercato del lavoro nero e dello sfruttamento o della criminalità, su cui lucrano potentati economici sempre più invadenti, interessati ad abbattere i costi della manodopera (ad esempio nel settore agroalimentare o in quello della logistica).
Il diritto fondamentale della tutela della vita privata e/o familiare è previsto dall’articolo 8 della Convenzione Europea dei diritti umani e dall’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, fonti sovraordinate ai sensi dell’art 10 e 117 della Costituzione alle quali la legge ordinaria non potrà certo derogare. Non sono diritti comprimibili. Sono diritti fondamentali che l’Europa riconosce e di cui stimola la protezione.

Esecutivo di Magistratura democratica