A cura di Michele Turazza.
David Sheff – Il buddhista nel braccio della morte. Trovare la luce nei luoghi più oscuri
Ubiliber, 2022, pp. 308, € 20
“Questo libro mostra in maniera vivida come, anche di fronte alle più grandi avversità, la compassione e l’attenzione premurosa nei confronti degli altri portino pace e forza interiore” (S.S. il XIV Dalai Lama).
Jarvis Jay Masters: un nome che sarebbe rimasto nel più completo anonimato, nell’oscurità di quei vicoli ciechi che sono le carceri americane in cui i condannati attendono di essere giustiziati. Da 34 anni rinchiuso nel braccio della morte del penitenziario californiano di San Quentin con l’accusa di concorso in omicidio, dopo un’infanzia fatta di abusi e violenze, Jarvis ha intravisto nella meditazione un possibile percorso irreversibile di liberazione. La sua incredibile storia – raccolta e magistralmente raccontata da David Sheff, autore del bestseller “Beautiful Boy” – ha riscosso un successo internazionale senza precedenti. Tradotto e pubblicato in Italia per i tipi della Ubiliber, casa editrice dell’Unione Buddhista Italiana (UBI), nel “Buddhista nel braccio della morte” l’Autore descrive il graduale ma convinto cambiamento di Jarvis che ha imparato, coltivato e trasmesso la non-violenza nel luogo più violento per antonomasia, diventando un punto di riferimento per gli altri detenuti e persino per le guardie carcerarie. Una storia che insegna come guardare da una prospettiva diversa la nostra sofferenza, sopportando le tragedie che ci colpiscono, senza perdere la speranza, nemmeno nei momenti più bui.
Emanuele Corn, Leandro Malgesini, Ivan Pezzotta – Era una brava persona
Il Margine-Erickson, 2024, pp. 292, € 17,50
Dopo gli episodi, anche i più efferati, di violenza di genere, colpiscono le dichiarazioni di conoscenti, vicini di casa, amici dell’aggressore che, increduli, affermano che, in fondo, costui era una brava persona e nulla avrebbe fatto pensare che sarebbe arrivato a tanto. Questa “brava persona” può essere chiunque e non esiste, ad oggi, un profilo preciso degli uomini che usano violenza contro le donne. Partendo dalla considerazione che nessuno può dirsi estraneo al tema della violenza – ritenuta troppo spesso, inconsapevolmente, un mezzo ordinario per risolvere i problemi – gli Autori, studiosi a vario titolo di violenza e mascolinità, propongono un interessante percorso di riflessione psicologica, giuridica e sociologica che completa la prospettiva centrata sulla sola vittima, invitando a soffermarsi con uno “sguardo integrale” e multidisciplinare sugli stereotipi di genere e a non sottovalutare le responsabilità di un sistema patriarcale così compenetrato nella nostra società. Soltanto con tale consapevolezza e con l’impegno di diversi attori – come gli operatori sociali e sanitari, le Forze dell’ordine e la magistratura, gli istituti di formazione e la politica – il cambiamento non rimarrà una mera utopia perché “Oggi tocca a noi essere responsabili di come agiamo. […] Il singolo uomo è responsabile della violenza che agisce, gli uomini tutti hanno la responsabilità di far sì che il sistema cambi”.
Walimohammad Atai – L’Afghanistan alla ricerca della pace
Multimage, 2023, pp. 242, € 17
“Come un Virgilio venuto da lontano, ci guida lungo un percorso che ha i suoi momenti infernali ma anche squarci abbaglianti di luce. Quello di questo libro è, semplicemente, un Afghanistan più vero” (dalla Prefazione).
Il “Virgilio” che ci guida è il giovane Walimohammed Atai (1996) che, dopo aver aperto una scuola laica nel suo villaggio afghano ed esser sopravvissuto a un attentato da parte dei talebani, è riuscito a fuggire, ottenendo asilo politico in Italia, dove ha conseguito un paio di lauree e attualmente si occupa di mediazione culturale, religiosa e linguistica. Da sempre impegnato in un’incessante opera di divulgazione per far conoscere la realtà afghana, in “L’Afghanistan alla ricerca della pace”, Atai traccia le coordinate storiche del suo Paese a partire dalla seconda metà del 18° secolo, rendendo accessibili gli snodi cruciali e contraddittori dello stato “crocevia dell’Asia” fino al 2021, anno del ritorno al potere dei talebani dopo vent’anni di presenze militari straniere. Un lavoro necessario, agile ma profondo, che contribuisce a non far calare il velo dell’oblio su due decenni di promesse tradite, su una clamorosa sconfitta ben presto dimenticata, scalzata da altri “fronti” caldi; un ventennio che ha preparato il terreno alla riconquista del potere da parte di un regime teocratico che strozza qualsiasi possibilità di sviluppo, negando ogni diritto umano alle donne.
Antonio Gramsci – Il popolo delle scimmie. Scritti sul fascismo
Einaudi, 2022, pp. 218, € 13
“…è difficile chiudere il libro senza portarsi dietro un’ombra: quasi il senso di una vicenda non completamente sepolta nell’involucro del suo passato […]. Così è per quell’intrusivo senso di ‘vuoto’ e di ‘dissoluzione’ che domina le riflessioni di Gramsci nella lunga vigilia che precede l’avvento del fascismo, tanto simile, almeno dal punto di vista morfologico, allo spaesamento attuale foriero di nuove, impetuose, ondate di irrazionalità” (dall’Introduzione di Marco Revelli).
In questa raccolta di scritti di Gramsci si ritrova il condensato del suo pensiero sulla genesi e l’ascesa del fascismo. Articoli indispensabili di un Gramsci non vittima, ma interprete del fascismo, che aiutano a comprendere ciò che il fascismo è stato e in quali forme potrebbe riproporsi, poichè il paradigma interpretativo gramsciano si presenta tuttora di grande attualità, per la sua raffinata capacità di analisi delle connessioni del regime con le repentine trasformazioni delle società capitalistiche e di decodificazione della complessità del fenomeno. Filo conduttore, il ruolo che la piccola borghesia ha avuto nella nascita e nello sviluppo del fascismo, quella piccola borghesia che – con un’efficace metafora letteraria presa in prestito dalla seconda novella del Libro della Giungla di Kipling – Gramsci definisce “il popolo delle scimmie”.