Il lupo perde il pelo, ma non il vizio. Smercio di droga, rapine, estorsioni, spedizioni intimidatorie e punitive, disponibilità di armi, fallite vendette e le mani sul business del turismo, in particolare sul trasporto acqueo nella laguna veneziana. Da qualche anno, vari soggetti (alcuni dei quali già conosciuti alle cronache giudiziarie) avrebbero provato a riorganizzare la disfatta Mala del Brenta, la mafia autoctona veneta che – nata tra le province di Padova e Venezia – seminò terrore nel Nordest dagli anni Settanta ai Novanta ed era guidata da Felice Maniero (poi divenuto collaboratore di giustizia).
Secondo gli inquirenti, il disegno criminale avrebbe preso concretezza grazie anche ad alcuni ex membri della corrente dei “mestrini” (fazione della Mala), usciti dalla prigione dopo lungo tempo e, da quanto emerge dalle indagini, tornati poi all’usato mestiere. Noti (e ormai anziani) pregiudicati ergastolani e presunti nuovi delinquenti insieme per lucrare nell’ambiente veneziano.
Marco Scipolo