Affari, struttura, diffusione, gerarchie, riti e codici dei sodalizi criminali nigeriani, dai “Black Axe” agli “Eiye”, dai “Maphite” ai “Vikings”

Benché intensamente combattuti dalle azioni della magistratura e delle Forze dell’Ordine, sono sempre molto attivi in Italia, in vari settori dell’illegalità, i gruppi malavitosi nigeriani che, come hanno sottolineato i nostri Servizi Segreti nel loro ultimo rapporto, «restano la componente criminale straniera più strutturata, ramificata e pervasiva». Queste compagini delinquenziali, caratterizzate da contrasti e riorganizzazioni, lucrano non soltanto nel traffico internazionale di droga, nel favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e nello sfruttamento della prostituzione, ma anche nell’evasione fiscale, nel riciclaggio, nelle frodi informatiche e nel trasferimento (con piattaforme finanziarie online) di elevate cifre negli Stati di provenienza, «a testimonianza della loro crescita organizzativa», ha evidenziato la nostra intelligence. Pure la Dia nelle sue recenti relazioni, ricordando le indagini più rilevanti effettuate contro questa mafia, ha confermato «la forza e la pericolosità dei sodalizi nigeriani».
Si tratta di una mafia costituita da gruppi unitari e piramidali, con robuste fondamenta nel Paese d’origine dal quale, grazie a varie articolazioni, agisce a livello internazionale, «tanto da dover essere considerata una seria minaccia a livello globale», ha affermato alcuni mesi fa il Servizio Analisi Criminale del ministero dell’Interno, precisando che «è ormai ampiamente riconosciuto grazie alle numerose investigazioni e soprattutto alle pronunce giudiziarie che il modus operandi delle organizzazioni criminali nigeriane è di tipo mafioso, in quanto le stesse operano avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere reati».
Negli anni, la mafia nigeriana si è specializzata, in particolare, nella tratta di esseri umani finalizzata allo sfruttamento della prostituzione e del lavoro in nero (nell’agricoltura). «La criminalità nigeriana ha manifestato la capacità di determinare, periodicamente, vere e proprie quote di persone da trasferire in Europa e da destinare alle varie forme di sfruttamento», ha specificato il Servizio Analisi Criminale. Nell’ambito della prostituzione, essa sovrintende tutte le tappe: dal reclutamento di giovani e povere ragazze in Nigeria (soprattutto a Benin City, capitale dello Stato di Edo) – ingannate con la promessa di un futuro più roseo – fino al loro impiego all’estero. Fondamentali si rivelano le cosiddette “maman”, ex prostitute che hanno il compito di persuadere queste giovani a lasciare il loro Paese e di legarle ai gruppi criminali attraverso riti magico-esoterici “ju-ju”, analoghi al voodoo, con i quali le vittime giurano fedeltà all’organizzazione diventando consapevoli delle violenze che subiranno, insieme ai familiari rimasti in patria, in caso di trasgressione. Le sfortunate ragazze vengono poi obbligate a battere sulle nostre strade per riscattare il debito per il viaggio e per l’affitto del posto di lavoro. Sovente sono le stesse famiglie, costrette dalla condizione di povertà in cui vivono, a proporre le proprie figlie a questi sfruttatori senza scrupoli.
Nel narcotraffico la criminalità nigeriana è stata capace, nel tempo, di adattarsi all’esistenza delle nostre mafie e di inserirsi laddove le organizzazioni criminali italiane non erano presenti (o erano state ridimensionate dalle operazioni di polizia) mettendo a punto propri canali di approvvigionamento, adoperando “corrieri ovulatori” con la tecnica del trasporto a grappolo (la quale prevede l’impiego di una ingente quantità di corrieri ingoiatori di ovuli portanti piccole dosi di droga dalla Nigeria ai luoghi di spaccio, sfruttando diversificate rotte d’ingresso e differenti mezzi di spostamento).
Una mafia «tribale e spietata» (così la reputa la Dia), che non tralascia nemmeno la falsificazione dei documenti e le estorsioni nei confronti di africani proprietari di esercizi commerciali etnici. Una mafia con gradi, struttura di tipo paramilitare, cerimonie di iniziazione e dove, per farvi parte, è necessario superare addirittura prove di violenza fisica. Gli ultimi riscontri investigativi hanno appurato che questa criminalità riesce ad intimidire non soltanto i propri connazionali, ma «ha raggiunto la capacità di minacciare in egual misura anche soggetti autoctoni», ha chiarito il Servizio Analisi Criminale.

Marco Scipolo